Emergenza Siria: profughi in fuga verso il Libano

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Testo di Dino Collazzo, tratto da Redattore Sociale

La guerra ha ridotto le loro case a un cumulo di macerie e in moti casi si è presa anche gli affetti più cari. Senza più nulla e con la paura di rimanere vittime delle bombe, fuggono dalla Siria alla ricerca di una speranza e di una vita migliore oltre il confine con il Libano. Ma una volta oltrepassata la linea che separa i due Stati, ciò che attende le migliaia di profughi che ogni giorno si mettono in viaggio è una vita spartana in accampamenti di fortuna, tende o case abbandonate. A oggi sono più di un milione i rifugiati siriani censiti dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni unite, che hanno lasciato Aleppo, Hamah, Homs e i tanti paesini sparsi lungo il confine con direzione Beirut. Ma le stime non ufficiali, vista la difficoltà nel riuscire a registrare tutti quelli che attraversano il confine, parlano di quasi due milioni di persone che hanno trovato riparo negli insediamenti gestiti da associazioni locali con l’aiuto di diverse ONG internazionali. Una situazione al limite.

Secondo Chiara Lombardi, project manager del Cesvi, che opera in Libano con un progetto di aiuto per i rifugiati e la popolazione locale, la situazione è drammatica e il rischio è che a breve anche qui possano venire chiuse le frontiere, impedendo così l’accesso ad altre persone. “Ciò che facciamo in questa zona è tamponare un’emergenza – spiega Chiara Lombardi –. Ma non sempre si riesce a prestare aiuto a tutti. Sono stati tanti i profughi che lo scorso inverno sono morti di freddo e di stenti. Dove stiamo operando noi è una zona montana e durante i mesi invernali nevica”. I profughi vivono in tende o in case diroccate, si aggirano per i villaggi in cerca di un lavoro per riuscire a guadagnare qualcosa e prendere una stanza in affitto dove sistemare la famiglia: “Nella maggior parte arrivano dalle zone rurali della Siria – continua la cooperante – e hanno un livello di alfabetizzazione molto basso”. Si tratta di persone costrette a lasciare le proprie case in fretta e furia e con in tasca pochi risparmi. Per attraversare il confine che separa i due Stati bastano circa quattro ore di macchina e un centinaio di dollari. Una volta arrivati i soldi che hanno si esauriscono in poco tempo, così si ritrovano presto a fare i conti con l’angoscia del dove mangiare e dove dormire. “Ciò che sta avvenendo è una tragedia – continua Lombardi –. In tanti soffrono di malattie che necessitano di assistenza e cure, come diabete e cancro, ma gli ospedali di qui non riescono a intervenire su ogni caso. E a quel punto è l’abbandono”.

Per ora sono 250 i profughi che insieme alle loro famiglie sono stati inseriti dal Cesvi all’interno del progetto sostenuto dalla Cooperazione Italiana. Ognuno ha la possibilità di avere un’occupazione per un massimo di trenta ore lavorative, oltre le quali però occorre, in base alla legge libanese, avere un permesso specifico per poter continuare. “Abbiamo calcolato che la retribuzione che percepiscono consente loro di poter avere denaro a sufficienza per riuscire a vivere – conclude Chiara –. Le persone che stiamo accogliendo sono per lo più famiglie in difficoltà che ci vengono segnalate dalle istituzioni locali. Non sono solo profughi siriani, ma ci sono anche libanesi che vivono in stato di indigenza. In questo modo cerchiamo di aiutare tutti e di provare a costruire integrazione tra persone di diversa nazionalità”.

In tanti sognano l’Europa e di riuscire ad attraversare il Mediterraneo per raggiungere la Grecia e da lì proseguire verso nord. Ma nella maggior parte dei casi restano dei miraggi sull’increspatura di quel mare che fino a oggi di sogni ne ha inghiottiti tanti. I costi di una traversata sono per altre tasche e chi si ferma da queste parti coltiva segretamente un’altra speranza: “Poter un giorno tornare a casa”.