Libano: lavoro e coesione sociale

 

di Chiara Lombardi, staff Cesvi in Libano

“La mattina è bello svegliarsi e andare a lavorare. Avere la giornata impegnata e sentirsi importante per la famiglia e anche per la comunità. Sì, perché questo progetto migliora anche la nostra comunità. Finora nessuno aveva fatto niente per la nostra comunità”.

Questo è il pensiero espresso da Z. Saleh, cinquantenne che dimostra più dei suoi anni, abitante di Joun, nello Chouf, in Libano, quando è venuto alla riunione dei lavoratori giornalieri presso gli uffici di Cesvi e del partner locale Annas Linnas.

Grazie al progetto “Cash for Work, Work for Cohesion: lavoro temporaneo e coesione sociale per le fasce più vulnerabili della popolazione siriana rifugiata e di quella libanese ospitante in Chouf, Mount Lebanon”, finanziato dalla Cooperazione Italiana nell’ambito del programma di emergenza per sostenere i rifugiati siriani e le comunità ospitanti, 250 giovani e meno giovani siriani e libanesi lavoreranno insieme per portare a termine progetti di utilità comunitaria, scelti insieme alle 7 municipalità nelle quali si svolge l’intervento.

Il primo “cantiere” è partito. Si tratta della realizzazione di un orto comunitario presso la scuola Saint Saveur di Joun – i cui prodotti serviranno anche per sfamare le famiglie vulnerabili della zona – e della sistemazione di una porzione della collina di carrube “Noukba” che circonda Joun, in un’ottica di conservazione del suolo e di promozione di spazi verdi protetti a beneficio della comunità locale.

60 lavoratori siriani e libanesi, scelti secondo criteri di vulnerabilità, divisi in gruppi guidati da un leader, si alterneranno per i prossimi 45 giorni per portare a termine le opere previste, sfidando temperature molto elevate e impervi sentieri collinari. Non c’è solo la sfida fisica: i gruppi di lavoratori sono composti da siriani e libanesi, e la compresenza potrebbe creare tensioni. In realtà la prima settimana di lavoro ha già smentito questo timore. L’atmosfera che si respira è tutt’altro che tesa, ma di sincera e reciproca collaborazione. Si sente proprio uno spirito di team, che prevarica sulle etnie, sulle religioni e sulle provenienze diverse.

Il rapid employement è una soluzione di emergenza, che non ha la pretesa di trovare soluzioni durature ma semplicemente di alleviare nel breve termine le difficoltà economiche dei beneficiari e lo stress psicologico derivante dalla disoccupazione e dalla sensazione di impotenza e di annichilimento che ne deriva.

Il riscatto personale e la coesione sociale passano anche attraverso un’occupazione che, seppure temporanea, dona dignità a persone che a causa della guerra hanno perso risorse e speranze. Grazie a questo progetto, le persone si sentono di nuovo utili e parte integrante di una comunità attiva che lavora per il bene comune.