Libia nel caos: decine di morti e feriti

 

La situazione in Libia sta degenerando. Dopo i bombardamenti e i violenti scontri a Bengasi, avvenuti tra venerdì 16 e sabato 17 maggio, è stata la volta di Tripoli. Domenica 20 maggio la città è finita sotto i bombardamenti aerei delle truppe del generale Khalifa Haftar, che hanno provocato 80 morti e 140 feriti in quella che è stata definitiva “un’offensiva contro i terroristi”. Altre fonti attribuiscono gli attacchi alle milizie di Zintan.

“Stanno riaprendo alcuni negozi – ha spiegato Debora Pinzana, rappresentante del Cesvi a Tripoli, prima di evacuare lei stessa dal Paese – “ma gli uffici e le sedi ministeriali sono tutti chiusi. È una calma apparente, la gente sta aspettando di vedere cosa succederà. In questo momento non c’è nessuno in giro, la città è deserta, sono tutti in casa”.

Cesvi è impegnato in Libia fin dal marzo 2011 e sta proseguendo le sue attività umanitarie in diverse aree del Paese. Negli anni l’organizzazione ha consolidato il suo intervento per il sostegno economico e il supporto medico e psicosociale agli sfollati interni, agli immigrati e ai richiedenti asilo politico, lavorando anche per il rafforzamento del processo di democratizzazione.  

“Ci sono check point ovunque e controllano qualsiasi cosa: le macchine, le persone, ogni movimento” – ha aggiunto Debora Pinzana – “Sono nei punti nevralgici della città. Il nostro ufficio non è in pieno centro, ma l’artiglieria pesante si è sentita molto bene”.

“La Libia è un Paese eccezionale, da conoscere. Scavando nel tempo, si trova l’acqua anche nel deserto arido: questo è l’insegnamento che porterò con me” – ha concluso Debora, mentre un’auto la conduceva verso l’aeroporto di Tripoli per rientrare in Italia – “Devo affrettarmi perché oggi c’è un fuggi-fuggi generale, ma voglio ringraziare tutti i colleghi italiani e libici per questo tempo insieme e per tutto il lavoro svolto in questo lungo anno”.

Dall’Unione Europea è giunto un “appello a tutte le parti a fermare il bagno di sangue e evitare ulteriori violenze” e “a lavorare insieme per arrivare ad una democrazia stabile”, ma non è bastato. I nuovi scontri avvenuti il 2 giugno a Bengasi tra le forze legate all’ex generale Khalifa Haftar e le milizie islamiste del gruppo Ansar Al Sharia si sono conclusi con un tragico bilancio di 7 morti e 15 feriti. Due giorni dopo, a Sirteè stato ucciso un impiegato svizzero del Comitato della Croce Rossa Internazionale

Nella foto di Giovanni Diffidenti: Bengasi. Centro di detenzione per immigrati illegali.