Naufragio nel Mediterraneo, una tragedia senza fine

 

Nella notte tra il 18 e il 19 aprile, un altro viaggio della speranza dalla Libia verso l’Italia si è trasformato in tragedia.

Nel naufragio di un barcone di circa 20-30 metri, sovraccarico di migranti, a 60 miglia dalla costa libica sono morte centinaia di persone: le prime stime della Guardia Costiera parlavano di 700 persone, ma la testimonianza di un sopravvissuto porterebbe il numero a 950.

Se questa cifra fosse confermata, si tratterebbe della più grave tragedia del mare mai accaduta dal dopoguerra ad oggi, ancora più grave di quella del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, che costò la vita a 368 uomini, donne e bambini.

Solo nell’ultima settimana, più di 11.000 persone hanno tentato di attraversare il Mediterraneo, partendo dalla Libia, per fuggire da Paesi come la Siria, la Somalia, l’Eritrea, il Gambia e da altre situazioni di guerra, dittatura e povertà estrema. Si stima che i morti siano stati almeno 1.000.

In questa drammatica occasione Cesvi vuole ricordare tutte le vittime delle tragedie umanitarie avvenute nel Mediterraneo, alle porte dell’Europa: persone che rischiano la vita per fuggire da situazioni disperate alla ricerca di una vita migliore per sé e per la propria famiglia.

Cesvi ribadisce, in particolare, il suo impegno verso i minori stranieri non accompagnati che arrivano sulle coste siciliane. Un impegno che si traduce nel sostegno all’associazione AccoglieRete di Siracusa, una rete di 150 volontari che svolgono il ruolo di “tutori legali” con l’obiettivo di ridare a questi ragazzi dignità e speranza.

Il principale Paese di partenza o transito dei migranti è la Libia, dove Cesvi è presente dal 2011 per fornire protezione ai settori più vulnerabili della popolazione: i rifugiati, i richiedenti asilo, i migranti irregolari – che arrivano principalmente dall’Africa sub-sahariana e dalla Siria – e gli sfollati interni. L’intervento consiste anche nell’offrire sostegno economico, assistenza medica e supporto psicosociale.