Riforma cooperazione: una sfida per l’Italia

 

di Lorenzo Bagnoli

tratto da Redattore Sociale del 27/01/2014

Giangi Milesi, presidente di Cesvi, sospende il giudizio sul ddl cooperazione. C’è un punto su cui si gioca la partita: il funzionamento della nuova Agenzia della cooperazione allo sviluppo. “C’è nella gran parte dei Paesi con cui collaboriamo, in sé la notizia è positiva ma bisogna vedere come funzionerà”, spiega. Il tema caldo, in particolare, riguarda i finanziamenti: le agenzie estere, nel caso in cui ci sia l’interesse di un partner privato ad un progetto, quasi in automatico aiutano a coprire la cifra per farlo partire. In Italia non è mai successo: le lungaggini burocratiche hanno spesso inchiodato missioni umanitarie tra i corridoi della Farnesina e del Ministero delle Finanze, i due ministeri a cui presentare le richieste di finanziamento per progetti di cooperazione internazionale. L’Agenzia e il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo dovrebbero contribuire a rendere più fluido il processo per allineare l’Italia agli standard con cui si muovono i Paesi esteri in materia di cooperazione.

Per quanto la situazione economica, secondo Milesi, è destinata a rimanere la stessa, qualche segnale di cambiamento si vede. Ad esempio, il cambio di nome del ministero, da solo Affari esteri ad Affari esteri e cooperazione internazionale. “Questo significa che la cooperazione è tornata centrale? – si chiede Milesi – Se fosse così è ovvio che ci saranno fondi, perché la cooperazione avrà di nuovo riconosciuto il suo ruolo”.

Sterili le polemiche sul coinvolgimento del profit nella cooperazione. Il quadro del 2013 non ha nulla a che fare con quello del finire degli anni Ottanta, quando le multinazionali vedevano i Paesi del terzo mondo come terre di conquista, dove poter dettare legge. “Oggi quelle stesse aziende si stanno orientando alla responsabilità d’impresa. Non mi fa nessuna paura”.

 

Foto di copertina: Maria Vittoria Trovato