Alessio Boni con Cesvi contro la malaria

 

di Massimo Laganà, tratto da Corriere della Sera ed. Bergamo, 22/4/2013

Si può dare di più. Facile a dirsi (o a cantarsi). Alessio Boni lo fa. L’attore di Sarnico, 46 anni, non è un presenzialista. Non ama smodatamente le interviste. Ma parla sempre molto volentieri del suo fertile impegno sociale e civile. Da due anni Boni collabora con il Cesvi.

Boni è un testimonial illustre e felice dell’associazione. Non l’unico; a fargli (buona) compagnia ci sono Cristina Parodi, Lella Costa, Claudio Bisio e tanti altri. «Il progetto del Cesvi è interessante e geniale. Un esempio empirico di come si possa concretamente aiutare gli altri. Mi tocca – dice l’attore con quel suo asciutto entusiasmo, che lo rende appassionatamente credibile -. L’associazione guidata da Giangi Milesi spende l’88,8% delle entrate per i suoi progetti internazionali, il 6,7% per le attività promozionali e solo il 4,5% per i costi di gestione. Praticamente si può affermare senza tema di smentita che se dai un euro al Cesvi, ben 90 centesimi vengono spesi sul campo. Niente male, direi. Io m’impegno al mille per mille in questa cosa. Perché ci credo. Perché mi arricchisce enormemente. Perché è nel mio dna».

Boni ricorda con un lancinante flash perché esperienze come la sua cambino la vita per sempre: «Non m’importa se suonerà retorico. È la pura verità. Qui siamo pronti ad azzannarci per un parcheggio o per una fila al supermercato. Abbiamo perso il senso del limite, della misura, delle proporzioni. Ma quando vedi un bambino che appoggia la testa sulla spalla del medico, chiedi che cos’abbia e ti senti dire: “È morto”, beh, ti posso garantire che il tuo approccio all’esistenza cambia per sempre».

«Recentemente sono stato in Birmania, un Paese afflitto dalla malaria. Una piaga che il mondo intero ricorda, nella giornata del 25 aprile, intitolata alla lotta contro questa malattia. Che fa ancora milioni di vittime, ogni anno, soprattutto bambini con meno di 5 anni e donne incinte. Nel 2011 ero andato nello Zimbabwe, dove il Cesvi si batte contro l’Aids. Nell’Africa subsahariana 23 milioni di persone convivono con l’Hiv. E pensare che basta un farmaco antiretrovirale per far nascere un bambino sano da una mamma sieropositiva. Tre pastiglie che salvano una vita e costano 0,56 centesimi. Meno di un caffè. Io adesso non voglio fare il bigottone, non salgo in cattedra e non do lezioni a nessuno. Però, mi domando, nel modo più laico e sereno possibile: perché non dobbiamo fare tutti quanti un piccolo, anche piccolissimo, sforzo, per aiutare queste persone? Non ci costa veramente nulla. Non pretendo di cambiare il mondo. Ognuno di noi sarà soltanto una goccia del mare. Ma ogni singola goccia può significare tanto. Significa tanto. Non parlo per sentito dire; se mi esprimo così, è perché ho visto con i miei occhi certe realtà di assoluta disperazione e povertà totale. Questo fa la differenza. Questo ti cambia la vita per sempre».

Un uomo, alla fine, è quello che fa. Concetto che colpisce, espresso com’è da un artista, che di parole vive. E che, con parole e immagini, vuole aiutare il Cesvi e la sua azione. «In entrambi i viaggi ho girato un documentario, assieme a Marcello Prayer e Chiara Magni. L’opera, articolata in due capitoli, s’intitola Lo sguardo dell’altro. L’idea è quella di testimoniare e raccontare cosa succede dall’altra parte del mondo. E come agisce il Cesvi per aiutare una popolazione che vive di stenti. È il modo migliore, per raccogliere fondi. Perché le persone bisogna convincerle con i fatti. Ecco il senso dei documentari. Mostrare quanto si fa. Le donazioni sono fondamentali per un ente non profit. Nella campagna contro l’Aids abbiamo raccolto 280mila euro. In Myanmar ho vissuto 10 giorni intensissimi. L’obiettivo era di testimoniare come il Cesvi combatta contro la malaria e la malnutrizione; emergenze che qui sono la prima causa di morte».

Il presidente del Cesvi, Milesi, ricorda che qui la malaria ogni anno uccide migliaia e migliaia di bambini e spiega che il programma avviato nello Shan State, in Myanmar, raggiunge oltre 220 mila persone in 1.054 villaggi: 7 team, tutti locali, lavorano assieme a una rete di volontari, per attività di prevenzione, diagnosi e trattamento farmacologico antimalarico. «Il Cesvi – aggiunge Milesi – cerca di portare il maggior numero di zanzariere possibile in questi villaggi di capanne e spiega agli abitanti che devono impregnarle di un determinato insetticida. Dal 2007 ne sono state distribuite 150 mila, con insetticida di lunga durata (dai 3 ai 5 anni); altre 70mila sono state consegnate nel 2012».

E Alessio Boni conclude: «Non dimenticherò mai lo sguardo penetrante dei più piccoli. Picasso diceva: “A 4 anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Ecco, noi adulti abbiamo questo compito. Veniamo da un rapporto d’amore e dobbiamo ritrovare la nostra innocenza perduta. I nostri slanci perduti. Dobbiamo (re)imparare a vivere come i bambini». 

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