Dalla parte delle donne, contro la violenza

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Essere una donna in Tagikistan può voler dire subire violenze fisiche e psicologiche, soprattutto in casa. Oltre un terzo della popolazione femminile è regolarmente sottoposto a maltrattamenti da parte dei mariti e di altri membri della famiglia acquisita. Con il progetto “Vivere con dignità”, finanziato da DFID nell’ambito del programma “What works to prevent violence”, Cesvi sostiene le donne vittime di violenza domestica e le aiuta a raggiungere una condizione di indipendenza economica.

Il Tagikistan è la più povera delle ex Repubbliche sovietiche. La cultura predominante assegna all’uomo un ruolo di superiorità all’interno della società e, quindi, anche all’interno della famiglia. Le donne si occupano esclusivamente della cura della casa e devono soddisfare i bisogni dei mariti. Si sposano molto giovani, prima dei 20 anni, e spesso contro la loro volontà. Il più delle volte sono costrette a vivere in casa con la famiglia acquisita: sono sottomesse al consorte ma anche all’autorità delle donne più anziane che ne controllano ogni spostamento e si intromettono nella vita matrimoniale. Sono i mariti però a mettere in atto le violenze più gravi: dall’abuso psicologico a veri e propri abusi fisici. Si stima che il 19% delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni abbia subito violenze fisiche almeno una volta nella vita. Molti di questi abusi non vengono denunciati per via del contesto sociale che tende a essere indulgente verso gli autori: soltanto una donna su cinque, infatti, fa ricorso all’assistenza legale.

Tra le ragioni che scatenano tensione e aggressività c’è, in primis, la povertà. Il tenore di vita basso e le difficoltà legate alla sopravvivenza creano criticità nei rapporti tra moglie e marito e, in generale, tra i membri della famiglia. Anche l’abuso di alcol diffuso tra gli uomini è considerato un fattore scatenante. A causa della povertà diffusa, inoltre, circa la metà degli uomini è costretta a emigrare nella vicina Russia per trovare un impiego. Accade così che molti espatriati si creino altre famiglie all’estero abbandonando le mogli tagike in condizioni economiche precarie. Le loro rimesse di denaro inviate dalla Russia sono gestite esclusivamente dalle suocere che ne impediscono l’accesso alle mogli.

Il nostro sostegno ha lo scopo di spezzare la spirale della prevaricazione attraverso momenti di sensibilizzazione e di confronto che stimolino il dialogo tra familiari. Durante le attività, ad esempio, vengono simulate situazioni problematiche che possono generare tensione e frustrazione, come il cattivo stato di salute di un familiare o la permanenza di un ospite per un periodo medio-lungo, e vengono indicate le condotte da adottare per evitare incomprensioni.

Il progetto, che ha coinvolto 40 nuclei familiari nel distretto di Jomi e 40 famiglie nel distretto di Penjijent, ha l’obiettivo di fornire alle donne gli strumenti per avviare una propria attività lavorativa e rendersi indipendenti dal marito. Grazie a training specifici, le partecipanti imparano a gestire un’attività imprenditoriale e scelgono da sole il tipo di micro-impresa da avviare.

Significativa, in questo senso, la storia di Sokina, originaria di Gulobod. Dopo le nozze combinate con Zafar, è stata costretta a vivere in casa con la famiglia del marito e a subire abusi e un controllo continuo da parte della suocera. “Mi impediva di avere un rapporto sereno con Zafar – racconta – quando mio marito è andato a lavorare in Russia, gli raccontava al telefono che non mi comportavo bene e questo lo faceva arrabbiare”. Sokina e la famiglia del marito hanno partecipato sia agli incontri individuali che ai percorsi di gruppo previsti dal progetto. Ora la donna possiede una mucca grazie alla quale produce e vende latte, yogurt e formaggi. “Grazie agli incontri a cui abbiamo partecipato, i rapporti in famiglia si sono distesi – dice – io e mio marito siamo riusciti a trasferirci in una piccola casa indipendente dall’abitazione dei suoi genitori”.

Cesvi mette a disposizione un budget iniziale per l’acquisto delle attrezzature necessarie ad avviare le attività che permetteranno alle donne di rendersi indipendenti e di contribuire al sostentamento della famiglia. Finora, il progetto ha portato all’avvio di 81 microimprese nei villaggi di Gulobod, Istiqlol, Gussar e Nuriston. 48 donne hanno scelto la produzione casearia, 11 la produzione agricola, 3 l’apicoltura, 5 l’allevamento in generale, 7 la sartoria, 6 la costruzione di mobili per cerimonie e una, infine, ha scelto di aprire un piccolo forno.

“Creare le condizioni di un’indipendenza economica è per le donne tagike un’opportunità per affrancarsi da abusi e prevaricazioni in ambito domestico – spiega Daniela Bernacchi, General Manager di Cesvi – le donne maltrattate sono penalizzate due volte  in quanto, proprio a causa della dipendenza dal marito, non hanno diritto alla propria libertà personale. L’autonomia lavorativa è importante quanto l’assistenza psicologica perché pone le basi per una maggiore autotutela e, indirettamente, anche per il benessere dei figli”.

 

Le attività presentate in questo testo sono supportate dal South African Medical Research Council tramite l’Innovation Grant “What Works to Prevent Violence” finanziato da DFID (Secretary of State for International Development at the Department for International Development). I contenuti sono responsabilità di Cesvi e non rappresentano necessariamente le opinioni ufficiali di DFID o del South African Medical Research Council.