Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

 

Il 25 novembre si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

 

Mulino di riso, periferia di Chennai, India del Sud. Subhagi si china a riempire l’ennesimo catino con il riso sputato dalla macchina. Non si può fermare, la macchina non prova pietà per la fatica che si legge sul volto sudato e sulla schiena curva della donna. È buio, ma Subhagi conosce il tragitto a memoria e, da una macchina all’altra attraverso stretti corridoi, incrocia la fatica delle sue compagne. Lo spolvero delle bucce dei chicchi riempie e satura l’aria, il rumore è forte e il caldo insopportabile. Chuya prepara i sacchi di riso e li chiude cucendoli a mano. Infila lo spago in un grosso ago e passa da un lato all’altro dei sacchi di juta grezzi e pesanti. Il palmo della mano è pieno di cicatrici. La  pelle è solcata da mille crepe, inaridita dal sole battente. Tutt’intorno, alte mura di cemento grigio e filo spinato rendono queste fabbriche di riso simili a carceri. E in effetti Subhagi e Chuya non sono libere. Appartengono al padrone della fabbrica, lavoreranno per lui finché non estingueranno il debito che si tramanda da generazioni.

Partorire una figlia femmina, in India, è considerata una maledizione. Le famiglie devono pagare grosse somme di denaro a chi le prenderà in spose. Spesso non si riesce a pagare la cifra stabilita, così si è obbligati a lavorare in semi-schiavitù fino all’estinzione del debito. Se ciò non accade la moglie diventa vittima di ogni forma di violenza, fino alla soppressione fisica.

Per questo molte bambine vengono eliminate alla nascita o con aborti selettivi: si contano 5 milioni di aborti ogni anno, soltanto di feti femmina.

“Paga 500 rupie e risparmiane 50.000”, capita di leggere sui muri. Ovvero: “Abortisci un feto femmina e risparmierai in denaro cento volte tanto”. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite (2011), in India mancano all’appello più di sessanta milioni di bambine fra 0 e 6 anni. L’India è diventata la nazione al mondo con la percentuale più bassa di donne. Ogni anno scompare una città di 500.000 bambine.

Il governo indiano si è attivato contro la pratica dell’aborto selettivo emanando leggi che proibiscono ai medici di dichiarare il sesso del nascituro. Tuttavia la pratica dell’aborto illegale è ancora molto diffusa. Il Ministero dello “sviluppo delle donne e dei bambini” promuove una campagna di sostegno economico alle famiglie povere che decidono di non abortire le femmine, di vaccinarle e di istruirle.

“In tutto il mondo, anche in Italia, siamo impegnati per garantire rispetto e pari opportunità alle donne. In India difendiamo donne e bambine sia dal punto di vista dei diritti umani sia in modo pratico con sostegni economici, assistenza sanitaria e scolarizzazione”, spiega Daniela Bernacchi, direttore generale di Cesvi. Oltre ad offrire accoglienza e servizi (pasti caldi, doposcuola, supporto legale, attività ludiche e ricreative, corsi di formazione professionale) nelle Case del Sorriso create in Tamil Nadu, Cesvi propone ore di sostegno scolastico ai bambini e alle bambine che lavorano nelle fabbriche di riso. “Cerchiamo di spiegare alle madri che le ore tolte al lavoro di una figlia non sono perse, ma rappresentano l’unica via per permetterle di diventare, in futuro, una donna libera”, continua Daniela Bernacchi.

Così, ogni pomeriggio, gli operatori del Cesvi si spostano nei vari mulini, distribuiscono materiale scolastico e tengono le lezioni in un angolo del cortile.

“Può sembrare una piccola cosa, ma in realtà è un grande passo per sradicare la cultura della violenza contro le donne”, conclude la direttrice di Cesvi, “Subhagi dovrà lavorare anche le ore della figlia ma forse, attraverso gli occhi della sua bambina, un giorno potrà vedere cosa c’è oltre quel muro di cemento”.

Foto di Cristina Francesconi