Cristina Parodi: il mio viaggio con Cesvi

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Cristina Parodi, storica testimonial Cesvi, parla del viaggio che ha da poco realizzato in Perù per conoscere e far conoscere i nostri progetti a favore delle ragazze vittime di violenza e sfruttamento sessuale.

di Cristina Parodi.

Il Perù, decisamente, non è un paese per donne. Non fraintendetemi: è un posto magnifico, ricco di storia cultura e tradizione, basti pensare al Machu Picchu, una delle aree archeologiche più maestose e importanti del mondo e credo anche più redditizie. Ha una capitale Lima che negli ultimi sessanta anni è passata da uno a sei milioni di abitanti, diventando una metropoli internazionale con un’economia fiorente che segna più 4% ma che non genera benessere per tutti. Le donne sono il motore di questa società: nei mercati, negli uffici o per le strade sono loro che lavorano vendendo frutta e verdura e creando i prodotti di artigianato. Eppure questo è il secondo paese dell’America Latina per i casi di violenza sessuale. Dopo la Bolivia e prima del Brasile. Non è un posto facile se nasci femmina nella periferia di una grande città e il viaggio con il Cesvi, che desideravo fare da tempo, mi ha aperto gli occhi su questa realtà drammatica.

Los Sierros sono le colline che circondano Lima, costellate di baracche di legno e lamiera dove abitano tutti coloro che hanno lasciato le campagne per cercare fortuna in città, ma dentro la città non sono riusciti ad arrivare. Lì, tra fango e sporcizia, la vita è ben diversa da quella di una grande metropoli. Nella scuola elementare di San José Obrero, che visitiamo il primo giorno, anni fa un bambino era stato violentato nel bagno. Grazie al Cesvi che ha costruito una recinzione oggi la scuola è più sicura, ma l’emergenza degli abusi sessuali esiste comunque alimentata dal sovraffollamento nelle abitazioni, dalla trascuratezza e abbandono dei minori ma soprattutto da una diffusa cultura autoritaria e machista fortemente maschilista che nelle zone più degradate viene difesa dalle famiglie stesse.

Me lo racconta Luz Nibia, 17 anni, capelli neri lucidi e occhi scuri che nascondono in profondità un trauma enorme. È stata violentata dal fratello e a 12 anni è andata via di casa perché la madre non l’ha mai protetta. L’affetto che non ha ricevuto dalla sua famiglia lo riversa sulla sua bambina e lo condivide con le altre mamme adolescenti di un centro di accoglienza per ragazze madri, dove curiosamente tutte hanno figlie femmine. Tatian di anni ne ha 16 e ha una bimba di sei mesi che ha chiamato Mia perchè, mi dice, è soltanto mia. Anche lei ha una storia di abbandono e trascuratezza, un padre assente e un compagno, il padre della bambina, che la picchiava. La responsabile del centro mi dice che nella periferia sei ragazze minori su dieci sono incinte, che gli abusi in famiglia spesso iniziano a 8 anni e che aumentano gli aborti clandestini perché in Perù interrompere la gravidanza è illegale. Perché il Cesvi è prezioso in Perù? Sempre in prima linea per i diritti dei bambini dal 2004 ha portato qui il progetto delle Case del Sorriso realizzando non un luogo fisico ma una rete itinerante di servizi che collabora, completa e rafforza quelli pubblici esistenti, spesso carenti, aiutando le vittime di violenza a superare il trauma, a trovare un posto nella società e a costruirsi un futuro. Bisogna individuare quello che il Cesvi chiama “piano di vita”, che può essere il proseguimento degli studi attraverso borse studio o la partecipazione a laboratori che sviluppano una abilità o una passione. Vengono organizzati corsi di cucina, di giardinaggio, cucito o estetica, ma anche scuole di teatro e recitazione per aiutare quelle che sono poco più che bambine a gestire le emozioni e ad accettare il proprio corpo.

In un altro centro che visitiamo le ragazze sono più fredde, distanti , impaurite. Justine, Melania, Sendi fanno fatica perfino a guardarti negli occhi. Sono giovanissime e incinte. Non sanno nulla di educazione sessuale e come tutte le vittime di abusi non hanno un modello famigliare di riferimento. Conoscono solo la violenza e una cultura autoritaria e rischiano di trasferirla sui loro figli. L’obiettivo è riuscire a farle diventare delle mamme migliori.

Blanca è uno degli esempi di questa piccola grande rivincita sociale. Ha 24 anni, tre figli, di dieci, otto e tre anni, è stata abbandonata dalla madre e ha un compagno non molto presente. Nella sua casa di lamiera costruita sulla discarica mi mostra con orgoglio le spazzole e le forbici con cui fa la parrucchiera, un mestiere che ha imparato grazie al Cesvi e che le permette di mantenere la sua famiglia.

D’ora in poi queste ragazze hanno anche una opportunità in più a Lima: Cesvi ha inaugurato un primo modello di impresa sociale nel campo della ristorazione, un locale di cucina peruviana che possa essere gestito da ragazze che vengono da situazioni disagiate. Se arrivate a Lima dovete andarci assolutamente e non solo perché si mangia molto bene. Si chiama “Come con causa” e se vi servirà una giovane donna con lunghe trecce nere e un sorriso bellissimo sappiate che la “causa” che avete ordinato sarà ancora più buona. Lei è Estefani, una delle tante ragazze che grazie al Cesvi hanno trovato il loro posto nel mondo.