In Zimbabwe una nuova vita lontana dalla strada per Panashe

MOLTI RAGAZZI DI STRADA RICORRONO ALL’ABUSO DI SOSTANZE PER SUPERARE I MOMENTI PIÙ DIFFICILI. PANASHE È UNO DI LORO, ED È RIMASTO PARALIZZATO DALLA VITA IN GIÙ. QUESTA È LA SUA STORIA.

Testo di Matteo Manara

Oggi desidero raccontarti la storia di Panashe. Una storia diversa dalle altre, dal finale a dir poco incredibile.

Quando gli operatori della Casa del Sorriso sentono il nome di Panashe per la prima volta, è per bocca di alcuni ragazzi che vivono sulla strada con lui. Sono venuti alla Casa per rifocillarsi, per avere un po’ di cibo e di acqua pulita. Raccontano di questo ragazzo, che si trova ricoverato in un letto d’ospedale completamente incapace di camminare.

Lo stesso giorno, senza indugio, il team CESVI si reca in ospedale per verificare le sue condizioni, e lo trova effettivamente paralizzato dalla vita in giù, oltre che con altri problemi di salute. Impossibile, in un primo tempo, determinarne la ragione, anche per i medici.

Passano quattro settimane in cui la situazione si stabilizza, ma nonostante la fisioterapia sembrano non esserci miglioramenti significativi. I medici sono sicuri: Panashe, a soli 16 anni, è destinato a rimanere paralizzato per sempre. Nel frattempo, il ragazzo ha confidato ad un’infermiera di aver fatto abuso di sostanze.

Quella dell’abuso di sostanze è una brutta piaga ad Harare. I morsi della fame e del freddo si fanno sentire, e tanti ragazzi di strada non fanno altro che rifugiarsi nella droga per riuscire a superare i momenti più difficili. Non avendo i soldi per acquistare droghe “comuni”, si fa ricorso ad altro: alcuni, per esempio, sniffano colla. Panashe, invece, prendeva la polvere biancastra che trovava all’interno di tubi fluorescenti o di apparecchi televisivi ormai rotti, e la fumava. Una pratica quasi letale, che gli ha provocato la lesione dei nervi spinali in corrispondenza della zona lombare della colonna vertebrale.

Determinata finalmente la diagnosi oltre che l’impossibilità di ulteriori progressi, l’interesse dei medici diventa quello di dimettere il ragazzo per fare spazio ad altri pazienti. Panashe è minorenne, non può naturalmente essere abbandonato sulla strada e nessuna struttura statale che si occupi di ragazzi come lui può considerarsi attrezzata per accogliere un giovane paralizzato. La palla, così, passa al team della Casa del Sorriso, che riesce a recuperare una sedia a rotelle da un benefattore e si mette in contatto con gli operatori sociali del distretto di origine di Panashe, per verificare l’esistenza di familiari in vita. Una nonna si dichiara disposta ad accoglierlo. Dopo chissà quanti anni sulla strada, così, Panashe torna a casa. CESVI consegna cibo e altri prodotti utili per la vita quotidiana e promette di non abbandonarli.

Trascorre solo un mese, e durante una visita alla famiglia gli operatori vedono Panashe camminare, anche se con difficoltà, trascinandosi sulle gambe. Facendo esercizi tutti i giorni, Panashe ha già fatto grandi e insperati progressi. I medici appurano che il termine dell’abuso di sostanze ha permesso a Panashe di disintossicarsi e al suo corpo di iniziare a rigenerare le parti danneggiate.

La sorpresa più grande, un anno dopo. Panashe non è in casa. Da un campo poco lontano si alzano nuvole di polvere. Si sentono urla, voci concitate. Gli operatori CESVI si avvicinano e non credono ai propri occhi: Panashe è in campo, e sta giocando a calcio con i suoi nuovi amici.