Una giornata alla Casa del Sorriso, inseguendo un sogno

India Casa del Sorriso

testo di Matteo Manara, foto di Samson Paul Jesudoss

Vasanth, 14 anni, e Sathish, che di anni ne ha 17, sono migliori amici. La loro giornata inizia presto, con la sveglia alle 5:30 del mattino. Non vivono in una caserma militare (come si potrebbe pensare), ma nella Casa del Sorriso della Fondazione Cesvi, dove alcune delle prime cose che hanno imparato, come giovani ospiti, sono l’importanza di avere una routine e di rispettare alcune semplici e fondamentali regole di convivenza. Per inseguire un sogno si parte anche da qui: da un po’ di sane abitudini.

Dopo il lavaggio del viso e la colazione, Vasanth e Sathish partecipano alla lezione di yoga e ad un breve momento di preghiera. Al di là di questo, le prime ore del mattino sono finalizzate all’arrivo puntuale a scuola. Giustamente: parafrasando una celebre frase di Nelson Mandela, potremmo dire che l’educazione è l’arma più potente che hanno questi ragazzi per cambiare la loro vita. In India, però, non è un’opportunità alla portata di tutti.

Vasanth, oltre ad una sorella maggiore, ha solo la mamma, una sarta che sopravvive con pochi guadagni, insufficienti per mantenere tre persone e pagare al contempo le tasse scolastiche; il padre, invece, abbandonò tutto e tutti anni fa. Sathish ha ancora entrambi i genitori, ma proviene da una famiglia in difficoltà economica, difficoltà peraltro che nell’anno del Covid si è manifestata con tutta la sua forza.

La mia famiglia ha dovuto affrontare un momento molto difficile” ricorda Sathish parlando del tempo passato ad Aarani, dove vivono i suoi genitori. “Non riuscivamo a comprare nemmeno una bottiglia di latte, nemmeno un po’ di provviste per riempire la dispensa”.

Non avevamo soldi per il cibo” gli fa eco l’amico. “Io, mia mamma e mia sorella abbiamo vissuto davvero un periodo molto difficile”.

I mesi del lockdown sono trascorsi lontano dalla Casa del Sorriso, ma nella concreta percezione della vicinanza di Cesvi. Il coordinatore e il direttore del progetto, nei casi in cui non era possibile recarsi in visita, hanno frequentemente contattato per telefono i ragazzi e le loro famiglie, per sostenerli moralmente con parole rassicuranti, illustrare i comportamenti da adottare in materia di igiene e prevenzione e aiutarli a comprendere correttamente le normative. Hanno inoltre fatto arrivare kit di provviste e riso, mascherine sanitarie e presidi medici. Intanto, si tenevano le lezioni a distanza, ci si assicurava che i ragazzi non perdessero interesse nell’istruzione e nel fare i compiti, e li si avviava alla professionalizzazione con interessanti laboratori manuali, finalizzati per esempio alla creazione di borse fatte a mano con carta riciclata e giornali.

Per fortuna sono mesi lontani. Al ritorno da scuola, Vasanth e Sathish fanno merenda e giocano insieme agli altri ragazzi (il calcio va per la maggiore). Poi c’è tempo per i compiti e, occasionalmente, anche per qualche laboratorio.

Oggi, in particolare, gli operatori hanno chiesto a ciascuno di disegnare su un foglio il proprio sogno, quello per cui si è disposti ad impegnarsi e a fare sacrifici, quello che una volta raggiunto renderà felici i propri genitori e soprattutto se stessi. “Ho bisogno di supporto economico fino al completamento del mio percorso di studi. Il mio sogno è quello di diventare medico” spiega Sathish mentre disegna una clinica con il simbolo della croce rossa. “Io invece sarò un ingegnere civile” dice Vasanth.

Arriva il momento della cena. Poi un po’ di TV ed ecco il meritato riposo, rigorosamente non più tardi delle 21. Cosa sogneranno questi ragazzi lo sappiamo già.

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