Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. La ricorrenza fu istituita dalle Nazioni Unite nel 1999 per portare l’attenzione su una delle più diffuse violazioni di diritti umani, perpetrata ogni giorno sulla pelle di milioni di donne. Secondo l’ultimo report sull’avanzamento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, il 19% delle donne tra i 15 e i 49 anni afferma di aver subito violenza fisica o sessuale dal proprio partner nel corso dell’ultimo anno.

In Tajikistan la situazione è persino peggiore: si stima che una quota compresa tra un terzo e metà di tutte le donne del Paese sia regolarmente soggetta ad abusi fisici, psicologici e sessuali classificabili come “violenza di genere”. Responsabili delle violenze non sono solo i mariti, ma anche i parenti acquisiti; in particolar modo le suocere sono solite esercitare controllo sulle nuore, giustificando il loro comportamento come un diritto acquisito in base all’età.

Nelle regioni di Sughd e Khatlon Cesvi lavora per ridurre l’incidenza dei comportamenti violenti nei confronti delle giovani donne. Il progetto “Vivere con dignità” coinvolge le famiglie del territorio in attività di sensibilizzazione contro la violenza domestica e promuove l’empowerment economico delle giovani donne offrendo loro i mezzi per avviare dei business che contribuiscano al sostentamento della famiglia. Tra le attività più diffuse vi sono la produzione di miele e prodotti caseari, la sartoria e i servizi per eventi.

La storia di Mavluda

Mavluda è la seconda moglie di Shahobiddin. Insieme hanno avuto due bambini e una bambina.

I problemi nel loro matrimonio sono iniziati quando lui ha iniziato a fare abuso di alcol e droghe.

I soldi in famiglia non bastavano mai, nonostante Mavluda si facesse in quattro per produrre e vendere chakka, lo yoghurt locale, e accettasse anche i lavori più disparati per guadagnare degli extra. Shahobiddin infatti non lavorava, e anzi sfruttava il proprio potere per estorcere del denaro alla moglie. Buona parte del ricavato dell’attività di Mavluda finiva in alcol o droga.

Mavluda racconta di come fosse obbligata a bere insieme a lui: “Quando è ubriaco diventa violento e crudele. Anche se non mi piace l’alcol, mi unisco a lui per paura”. Oltre agli abusi psicologici, Mavluda subiva continue violenze fisiche: “Mi picchiava praticamente ogni giorno. Quando abbiamo iniziato a frequentare i laboratori di sensibilizzazione mi vergognavo perché avevo sempre qualche segno sul viso. Dopo poco però mi sono accorta che il mio “hujain” [significa “proprietario”; è un termine comunemente utilizzato in Tagikistan per riferirsi ai mariti] stava iniziando a comportarsi diversamente. Smise di obbligarmi a comprare alcol o a unirmi a lui nelle sue bevute. Mi sono accorta che anche lui beveva sempre meno. L’ultima volta mi ha detto che ha capito quanto bere e assumere droga pesi negativamente sul budget familiare”.

Il mese scorso Shahobiddin ha iniziato a lavorare come operaio. Dice di essere felice di poter vivere diversamente e di guadagnare un po’ di soldi in autonomia.

Mavluda ha anche deciso di acquistare una seconda mucca per aumentare la produzione di chakka. La vita per loro sembra aver preso davvero una piega diversa.

 

In foto: una delle donne beneficiarie del progetto, ritratta insieme alla sua famiglia.