Kurdistan iracheno: integrazione e opportunità per i rifugiati siriani

di Valeria Emmi

Nove anni di conflitto siriano e tensioni mutevoli hanno generato una tra le più gravi crisi umanitarie moderne. Una crisi di lunga memoria, che interessa non solo la Siria, ma che ha ripercussioni e ricadute su tutta la regione del Medio Oriente e oltre. Dietro ai motivi politici e agli interessi economici globali, ci sono migliaia di persone che in questi nove lunghi anni sono fuggite – e scappano ancora – in cerca di un rifugio sicuro e di salvezza. Oltre 250mila sono giunte nel Kurdistan iracheno, regione autonoma dell’Iraq, e luogo dove risiedono le speranze di molti.

Ma l’instabilità e la violenza sono anche dentro i confini dell’Iraq, colpito da una vasta crisi umanitaria interna che si stratifica sulla situazione di emergenza già presente nel paese. Massicce ondate di migrazioni interne si sono infatti registrate periodicamente dal 2014, con l’avanzata di Daesh e le persecuzioni messe in atto contro minoranze cristiane, yazide, shabak, kakài e turcomanne che hanno reso l’Iraq uno dei paesi con il più alto numero di sfollati interni al mondo, oltre 3 milioni di persone. Il Kurdistan iracheno ne accoglie più di 800mila.

In una mescolanza di storie di fuga il Kurdistan iracheno rappresenta la complessità dell’accoglienza e Cesvi interviene in un contesto in cui la vulnerabilità degli ultimi tra gli ultimi è urgenza quotidiana, dove i rapporti si deteriorano perché innestati in una inesorabile e crescente crisi economica e sociale, dove le condizioni di vita di rifugiati e sfollati, così come delle comunità locali, ospitanti, diventano sempre più critiche. Con un programma integrato che parte dai bisogni più urgenti, come quello di avere una fonte di reddito, Cesvi interviene con attività specifiche e concrete, ma che guardano in avanti alla creazione di una maggiore coesione sociale tra comunità ospitanti, sfollati interni e rifugiati che arrivano dalla Siria.

Rifugiati come Zozan Naif, una degli oltre 500 beneficiari diretti del progetto che Cesvi sta realizzando nella regione del Kurdistan iracheno, in particolare nel Governatorato di Erbil. “Un giorno mia figlia è tornata da scuola con un volantino che le aveva dato per me la sua maestra. C’erano una serie di corsi di formazione promossi da Cesvi e quando l’ho letto non ho avuto dubbi: volevo iscrivermi a quello per parrucchiera. Poi ho chiamato e mi hanno detto che non c’era più posto per quel corso, ma che avrei potuto farne altri. Quello di decorazioni floreali per esempio aveva ancora un paio di disponibilità. Ci ho pensato un po’, poi mi sono detta: proviamo!” dice Zozan con grande intraprendenza. “Ho 5 figli e insieme a noi vive anche mio fratello, scappato come me dalla Siria nel 2014, mentre i suoi figli, i miei nipoti, sono ancora lì con la loro madre, e il nostro pensiero va a loro. Dobbiamo aiutarli, dobbiamo mandare loro dei soldi.” La sua espressione seria immersa in grandi occhi scuri cambia repentinamente mentre mostra orgogliosa la sua composizione floreale creata con precisione e cura. “Il mio sogno è aiutare mio marito, avere un’indipendenza economica per contribuire alle numerose necessità dei miei figli. Lui fa il muratore e i suoi soldi bastano appena a farci vivere degnamente. Vorrei comprarmi una macchina così posso portare i miei figli a scuola, fare la spesa e andare a lavorare stabilmente al negozio di fiori vicino a casa. Così con i miei guadagni posso aiutare ancora di più la mia famiglia rimasta in Siria e i miei figli qui a Erbil. In fondo sono diventata brava con le composizioni floreali! E mi piace molto farle”.

Sono tante le storie di indipendenza e autodeterminazione delle donne e degli uomini che Cesvi coinvolge nei suoi interventi nella regione. Come Aljin Ziyad, giovane donna di 24 anni che ha frequentato il corso per diventare parrucchiera: “vorrei diventare famosa in tutta Erbil e creare nuove tendenze per tagli e acconciature”. Aljin Ziyad è stata selezionata tra le corsiste che hanno ricevuto un sostegno economico per l’avvio di micro attività imprenditoriali e ha le idee molto chiare: “al momento sto ancora imparando, lavoro in un salone di parrucchieri un po’ lontano da casa, e con 2 figli è stato un po’ difficile organizzarmi, ma per fortuna ho mia mamma che mi aiuta. Ho già visto un locale che affittano e che potrebbe fare al caso mio, vorrei trasformarlo in un posto di tendenza, gestire un piccolo staff, poche persone, e creare acconciature soprattutto per le spose”.

Cesvi, con un progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana, offre opportunità di generazione di reddito differenziate, non solo attraverso i corsi formazione professionale, ma anche nel mercato agricolo, dal produttore al consumatore lungo tutta la filiera. A partire dalle serre, 20 identificate nel progetto, dove tutti i giorni con i proprietari locali curdi, lavorano circa 100 famiglie siriane, curde siriane, yazide, tutti insieme senza differenza alcuna. Lavorano la terra e raccolgono i prodotti agricoli che vengono poi venduti all’Alwa market, il mercato centrale ortofrutticolo della città, o a Karim Mohammed, proprietario del ristorante Kebabchi, che li utilizza nella sua cucina “perché essere stato coinvolto in questo progetto mi fa sentire parte di una comunità in cui ognuno, per il suo pezzo, cerca di contribuire alla produttività ed economia di questa città”.

Attività quelle di Cesvi in Kurdistan che rispondono alla crisi economica e sociale dell’area e che promuovono la diffusione di principi e messaggi di buona integrazione. Messaggi come quelli registrati negli studi di una radio locale da giovani studenti universitari di Erbil, che hanno partecipato al concorso lanciato da Cesvi per la produzione e diffusione di uno spot radiofonico trasmesso per settimane nelle emittenti radio di Erbil, e dove la competizione è creare un messaggio di speranza, di un futuro in cui non importa da dove vieni. E quel messaggio riecheggia dal Kurdistan all’Italia, in un ponte che ci lega indissolubilmente e che ci fa sentire tutti parte attiva di questo presente e della costruzione di un unico futuro. E non importa dove sei, importa dove vuoi andare.

Al Tg2 Storie il reportage di Francesca Romana Elisei