Sfollati in Somalia: il riscatto di Fadumo

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Fadumo è madre di quattro figli piccoli, e da tre anni vive nel campo sfollati di Buulo Yakub, nella regione di Hiran.

Nel campo sfollati di Buulo Yakub i bambini rincorrono un pallone da calcio nel poco spazio che hanno a disposizione per giocare all’aperto. C’è vita nel campo, si sentono chiacchiere e risate. Ma dietro i sorrisi ci sono rifugi fatiscenti e tanta povertà.

Il campo per sfollati interni di Buulo Yakub si trova a Beledweyne e ospita all’incirca 530 famiglie. È uno dei più grandi della città. Da quando la siccità ha raggiunto i suoi picchi massimi, sempre più famiglie stanno fuggendo dalle campagne verso i centri urbani. Qui gli sfollati abitano in campi come quello di Buulo Yakub. Grazie al sostegno di DFID in questi contesti l’intervento di Cesvi, che opera all’interno del Consorzio BRiCS, si traduce in trasferimenti di denaro a sostegno delle persone in difficoltà a causa della siccità e della povertà. A partire da aprile 2017 e per i successivi 4 mesi, 250 famiglie di Buulo Yakub hanno ricevuto 70 dollari ogni mese. Tra i destinatari dell’aiuto c’è anche Fadumo Ahmed, una madre che da tre anni vive nel campo insieme ai suoi figli.

Fadumo ha quattro figli piccoli ed è originaria della regione di Middle Shabelle. La crisi economica che ha colpito la regione di Hiran ha complicato non poco la vita a Buulo Yakub: “Ho sempre voluto gestire una mia attività, così qui mi sono unita alle donne di Ayuuto [i tradizionali gruppi di risparmio locali]. Ogni mese depositavamo una quota di denaro nella cassa comune, che gestivamo a turno. Ma quando lo scellino somalo è crollato, anche il nostro fondo è andato in rovina. I nostri soldi non valevano più nulla”. Da quel momento per Fadumo sono cominciati seri problemi economici. “Compravo quello che mi serviva a credito: da quando è iniziata la siccità i prezzi sono aumentati tantissimo, e io non avevo altro modo per sfamare i miei figli.”

La donna e la sua famiglia sono stati quindi identificati da Cesvi come soggetti vulnerabili a cui destinare i trasferimenti di denaro. “La prima rata dell’aiuto è servita per pagare i debiti accumulati. Con la seconda ho allargato un po’ il rifugio in cui vivo con i miei figli e ho aggiunto un piccolo chiosco. Non voglio dipendere mai più dal credito dei negozianti: so che questi soldi non arriveranno tutti i mesi, per questo ho voluto fare qualcosa che mi garantisse un’entrata fissa.”

Al chiosco Fadumo vende riso, farina, verdure e prodotti per la pulizia. Il negozio sta crescendo bene, dice. “Non molte persone nell’insediamento hanno aperto un chiosco come il mio. Perciò l’attività va bene, comprare da me è più conveniente che andare fino in città”.

Fadumo ora guadagna a sufficienza per provvedere al sostentamento della famiglia. Con quattro bambini piccoli che frequentano le scuole tradizionali, il costo della vita sta crescendo molto. “La scuola è gratuita, ma le uniformi non lo sono”. Fortunatamente, grazie ai crescenti guadagni del chiosco, i bambini riescono a mangiare con regolarità. “I miei figli mangiano tre volte al giorno. Lavorando al chiosco riesco a seguirli meglio di quando lavoravo fuori casa come donna delle pulizie, e ciò mi fa stare più serena”.

La storia di Fadumo è utile per ricordare che, nonostante la siccità affligga più duramente le campagne, anche la popolazione delle zone urbane ha urgente bisogno di interventi di resilienza a lungo termine: progetti che li aiutino a trovare soluzioni durevoli alla condizione di sfollati e permettano loro di integrarsi meglio nel nuovo territorio. Per donne come Fadumo, giunte in Hiran da sfollate interne, ottenere una fonte di guadagno dignitosa è il primo passo verso una reale integrazione.