Dalla foresta alle Ande, a fianco delle comunità native

ph. Fabio Cuttica

Mi ha emozionato leggere il racconto dal Perù della nostra collega Valentina, che nei mesi scorsi ha visitato i progetti di tutela ambientale e sviluppo sostenibile in Amazzonia. Perché 23 anni or sono ho compiuto lo stesso viaggio dalla sede Cesvi di Cusco, a 3.400 metri, giù, giù verso la bassa foresta, quasi a livello del mare.

Ma ancora di più mi emoziona scrivere della castaña (noi la chiamiamo noce amazzonica o noce del Brasile), forse il progetto più duraturo del Cesvi. Io l’ho visitato nel 1994: nella mia seconda missione, da volontario che voleva far conoscere gli strani progetti Cesvi per lo sviluppo sostenibile.

“Custodi dell’Amazzonia” avevo titolato su Cooperando n° 12 il mio reportage dal cuore della biodiversità per spiegare le iniziative di sviluppo economico delle comunità native che cercavano alternative all’estrazione dell’oro (la più inquinante e micidiale delle attività) e a quella incontrollata del legname pregiato, così come a progetti di agricoltura e allevamento improvvisati e dannosissimi.

La ricchezza dell’Amazzonia non va cercata nel suolo sabbioso, ma nella fascia vegetale che ospita il più ricco ecosistema del pianeta. Se la si abbatte o la si brucia si perde tutto e le piogge torrenziali erodono in pochi anni lo strato sottile di terreno fertile. L’estrazione della castaña, invece, presuppone la salvaguardia dell’habitat da parte della stessa famiglia di castañeros a cui il singolo albero viene assegnato attraverso la geo-localizzazione. Sì, in quel lontano ’94 ho visto per la prima volta in azione i GPS per mappare le risorse naturali.

Non solo: nel polveroso far-west di Puerto Maldonado, Cesvi ebbe il coraggio di istituire una Facoltà universitaria di Ingegneria Forestale. Oggi Puerto Maldonado è una città collegata con il mondo dai ponti della “carretera interoceanica”, e la micro-Facoltà creata dal Cesvi è diventata una vera e propria Università.  Qui si è laureata Brandi Gatica, la nostra coordinatrice a Madre de Dios (una regione per metà protetta, grande come un terzo dell’Italia).

Brandi è la prova vivente del nostro modus operandi: “cooperiamo nel mondo con chi ha bisogno perché non abbia più bisogno di noi”. In quasi trent’anni ci siamo fatti carico della salute, dello sviluppo e dell’autonomia delle comunità native. Abbiamo combattuto le logiche di rapina che distruggono la foresta, lottato per i diritti dei nativi, promosso la formazione e sviluppato buone pratiche, in particolare nella raccolta, nell’essiccamento e nella lavorazione della castaña, che è diventata la principale attività delle famiglie in tutta la regione MAP (Madre de Dios-Perù, Acre-Brasile, Pando-Bolivia). Abbiamo lavorato per la partecipazione delle comunità ai piani di gestione agroforestale e perché le leggi dei tre Stati salvaguardassero il patrimonio naturale e non lo dilapidassero.

Oggi con Altromercato lavoriamo per lo sviluppo commerciale di queste attività attraverso l’esportazione negli USA e in Europa. Ma le autorità peruviane ci chiedono di non occuparci solo della castaña: anche i contadini delle Ande hanno bisogno della nostra cooperazione nella produzione e commercializzazione di un altro “super-alimento”, la quinoa. E così il nostro viaggio ideale risale dalla foresta bassa fino alle asperità andine di Ayacucho.

 

Foto di Fabio Cuttica