L’attività di Cesvi in Libia: trasparenza e reportistica confutano il servizio delle Iene

Bergamo, 29 aprile 2019 – Cesvi opera in Libia dal 2011 con vari progetti a sostegno della popolazione locale, migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Attualmente gestisce cinque progetti di cui beneficiano diecimila persone.

Con riferimento al servizio realizzato dall’inviato de Le Iene Gaetano Pecoraro andato in onda all’interno della trasmissione del 28 aprile, Cesvi tiene ad evidenziare importanti precisazioni sulla propria attività nel Paese in questione che confutano le conclusioni a cui il servizio è pervenuto.

Nel periodo febbraio-luglio 2018 Cesvi, già impegnato su diversi progetti, ha operato anche nei centri di detenzione di Tariq al Seqa, Tariq al Matar e Tajoura, nell’area di Tripoli, con un finanziamento di AICS – Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo per un ammontare complessivo di 296.044 euro.

Il servizio andato in onda si è basato sulla testimonianza di nove ragazzi eritrei presenti nei centri di detenzione libici di Tariq al Seqa e Tariq al Matar nel 2018, che hanno a ragion veduta sostenuto di non avere avuto contatti con gli operatori di Cesvi. Nei mesi della loro detenzione, infatti, la nostra attività si è svolta nella sezione femminile di questi centri, separata da quella maschile, dove abbiamo svolto attività di supporto per donne e bambini.

La possibilità di operare nel centro di Tariq al Seqa, tra l’altro, è stata bloccata dal 3 giugno fino alla fine di luglio 2018 come attestano i report e le comunicazioni ufficiali inviate ad AICS.

Gli operatori di Cesvi operano all’interno dei centri di detenzione e a diretto contatto con le persone da assistere, laddove l’accesso è consentito; ogni servizio di assistenza – psicologica o materiale – prestato viene registrato in uno specifico database di progetto che, insieme alla documentazione tecnica e ai rapporti compilati dallo staff sul campo, consente a Cesvi e agli organi di controllo di verificare l’effettiva messa in pratica delle azioni pianificate.

A fronte dell’elevato numero di persone rinchiuse a Tariq al Seqa – oscillante in quei mesi tra 970 e 1.200 secondo i dati IOM – così come negli altri centri, l’intervento di Cesvi si è focalizzato sui soggetti a noi accessibili e individuati come più vulnerabili: donne, bambini, adolescenti e minori non accompagnati.

Abbiamo fornito queste ed ulteriori informazioni anche a Le Iene, ma nel servizio non ne è stato fatto cenno. L’intervista, di quasi un’ora del nostro amministratore delegato, è stata espunta secondo le esigenze del racconto dell’inviato. Con la trasparenza che ci contraddistingue abbiamo deciso quindi di mettere a disposizione di tutti un report di approfondimento con il dettaglio delle attività realizzate nell’ambito del progetto AICS, che ha portato sollievo alla disperata esistenza di 1.640 persone detenute in drammatiche condizioni nei centri libici.

Da oltre trent’anni Cesvi realizza attività umanitarie all’insegna dei principi stabiliti dalla Convenzione di Ginevra: umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza operativa. La nostra mission è quella di aiutare chi ha bisogno con i mezzi di cui disponiamo, tutelando il più possibile la vita delle persone in difficoltà e al contempo la sicurezza dei nostri operatori.

Per approfondimenti sulle attività di Cesvi in Libia:

https://www.cesvi.org/notizie/focus-libia-due-domande-lavora-sul-campo/

https://www.cesvi.org/notizie/kali-storie-minori-libia/

https://www.cesvi.org/notizie/libia-linea-diritti-umani/

https://www.cesvi.org/approfondimenti/progetti-in-libia/

 

Nella foto: Un’operatrice psicosociale di Cesvi al lavoro nel centro di Tariq al Matar.