Hanaa: una storia di riscatto in Libia

Il cognome di Hanaa, in arabo, significa “la ricca”, e il suo sorriso e i suoi occhi emanano una ricchezza  ed energia travolgenti, così come è travolgente la sua storia di riscatto.

Hanaa, 33 anni, ha una laurea in Aviazione, una figlia di due anni e un’altra appena nata. Insieme al marito e alla madre, hanno dovuto lasciare il Sudan, nascondendosi tra montagne e foreste, sfuggendo violenze, rapine, intimidazioni. In continua fuga, Hanaa era costantemente impaurita per la sopravvivenza della propria famiglia, senza alcun bagaglio se non i propri abiti, e con in tasca un biglietto aereo per Tripoli.

Arrivati in Libia, il marito di Hanaa è rimasto intrappolato in una spirale di debito e sfruttamento. Quando i debiti sono diventati troppo ingenti, la famiglia è stata sfrattata dall’alloggio fornito dal padrone dell’officina nella quale il marito lavorava, e lui è rimasto costretto a vivere nell’officina fino all’estinzione del proprio debito. Hanaa dunque raggiunge sua madre, infermiera nell’ospedale di Misurata, che vive in una delle stanze dell’ospedale. Quando però la mamma di Hanaa perde il lavoro perchè ospitava la figlia, l’intera famiglia si è ritrovata per l’ennesima volta senza un luogo sicuro.

Lo stress, l’angoscia e l’incertezza accumulate stavano diventando insostenibili. “Mi trovavo in uno stato di costante disperazione, mi sentivo inutile. Ero gravemente depressa e mi sentivo un fallimento” racconta Hanaa alla presenza di un Case worker e una psicologa di Cesvi. “I miei rapporti con mia madre e le bambine erano pessimi, avevo preso molto peso e soffrivo d’insonnia. Mi vergognavo molto”.

Le condizioni di sfruttamento dei migranti e l’alto tasso di disoccupazione diffuso, sono problemi ricorrenti nelle aree urbane in Libia, a Misurata come a Tripoli. In più, la guerra e la pandemia Covid-19 hanno contribuito a far aumentare i prezzi dei beni primari e acuire i bisogni della popolazione, che molto spesso accumula debiti per soddisfare le necessità più basilari, come il cibo e l’affitto.

In questa situazione, la condizione delle donne e delle bambine è particolarmente fragile: escluse dal mercato del lavoro e con limitate possibilità di movimento, sono ancora più esposte a rischi per la loro sopravvivenza e benessere, come violenze e deprivazioni di accesso e risorse, sia al di fuori della famiglia che al suo interno. Questo ha conseguenze incalcolabili sulla psiche della persona e sulle sue capacità di rispondere a stress e shock generati dalle condizioni di emergenza umanitaria del contesto.

Per rispondere a questi bisogni sovrapposti, Cesvi implementa da gennaio 2020 il progetto “PEERS: Protection Enabling Enviroment and Resilience Services”, finanziato da European Union Trust Fund (#EUTFforAfrica). Il progetto, implementato di concerto con International Medical Corps, contribuisce ad aumentare la resilienza di persone vulnerabili a rischio (migranti, rifugiati, comunità ospitante, sfollati e returnees, cioè persone che ritornano alla propria località di residenza).

Tramite un Community Mobilizer, Hanaa è entrata in contatto con il nostro staff e, grazie alla psicologa Cesvi, ha intrapreso un percorso di rafforzamento della visione di se stessa e delle proprie capacità. Allo stesso tempo, Cesvi ha provveduto a rispondere ai suoi bisogni più urgenti, evitando lo sfratto e garantendo a lei e alla sua famiglia una casa sicura e un ristoro per le sue preoccupazioni economiche. Inoltre, il marito di Hanaa è riuscito a risparmiare una parte dello stipendio per ripagare il debito che si frapponeva tra lui e la libertà, e ha potuto infine raggiungere la propria famiglia.

Il supporto combinato di counseling psicologico, assistenza continuativa da parte dei Case worker Cesvi, e contributi economici d’urgenza, sono punti cardine del progetto che dall’inizio del 2020 è riuscito a raggiungere ed aiutare molte donne e uomini, libici e migranti, in condizioni di urgenza medica e in necessità di assistenza materiale.

Grazie a Cesvi, Hanaa riesce a prendersi cura di sé stessa, della propria famiglia, della sua bambina più piccola. Non soffre più di insonnia, anzi, dorme bene e sogna in grande. Ha un progetto in mente, quello di aprire un laboratorio dolciario e migliorare le proprie condizioni di vita e della sua comunità.

“Vorrei sviluppare questo progetto e far sì che siamo di nuovo economicamente autonomi, in grado di affrontare qualsiasi rovescio della fortuna. E vorrei comprare una casa, sana e sicura, per la mia famiglia”.