Somalia: rinasce la speranza nel futuro

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8.000 donne ricevono assistenza pre e post natale attraverso 4 centri sanitari e una clinica mobile nella regione centrale della Somalia. Cusub Salad Mohamed è una di queste donne.

Mi chiamo Cusub Salad Mohamed, ho 31 anni e sono somala. Vivo a Elgula, un paesino non troppo lontano dall’Oceano Indiano. A differenza di molti altri, sono nata e cresciuta qui. La siccità ha spinto tantissime persone a venire a Elgula in cerca di un modo per sopravvivere. Le famiglie locali si sono strette per far posto ai nuovi arrivati e, nella fase più acuta, ogni casa arrivava ad ospitare fino a 3 famiglie sotto lo stesso tetto.

Gestisco un negozietto tramite cui vendo tè ai lavoratori che si alzano presto la mattina: le cose sono sempre andate bene, non mi dovevo preoccupare per arrivare alla fine della giornata perché guadagnavo a sufficienza. Ma, da quando è arrivata la siccità, la preoccupazione mi stringe il cuore. Guadagno circa 4 dollari e mezzo al giorno e con questi devo sfamare quattro persone; visto che il cibo dev’essere importato da altri Paesi, il suo prezzo è molto alto. Ho due figli piccoli, uno in arrivo e un marito disoccupato che veglia sui nostri piccoli e sulla nostra casa, evitando che venga saccheggiata. Ogni tanto ci aiutano le organizzazioni internazionali.

Sono incinta, ho già dato alla luce due bambini, eppure non so cosa aspettarmi da questo nuovo parto. Quelli precedenti sono stati un’esperienza terribile. Ero anemica, avevo le gambe gonfie, crampi indicibili alla pancia, febbre alta e continuavo a svenire. Ero talmente debole che in entrambi i casi il travaglio è durato 3 giorni perché non avevo le forze. Tutto questo dolore derivava dal fatto che non avevo a disposizione supporti medici durante la gravidanza e il parto. Non me lo potevo permettere. Non avevo soldi per comprarmi da mangiare, tanto meno per pagare i dottori.

Ma questa volta è diverso. Cesvi sta gestendo un centro sanitario gratuito nel mio villaggio, e i suoi operatori mi stanno seguendo lungo tutta la gravidanza. L’ostetrica mi visita una volta al mese, mi spiega cosa devo fare per stare bene e prendermi cura del bambino che cresce dentro di me; mi dà antidolorifici e supplementi di ferro per curare l’anemia, vitamine e minerali per rendermi più forte, antibiotici per combattere l’infezione che mi hanno riscontrato nel sangue; controlla la mia pressione sanguigna e il battito del feto, e mi somministra il vaccino contro il tetano neonatale.

Gli operatori passano a trovarmi al negozio, si fermano per due chiacchiere e per controllare come sto: è bello sapere che qualcuno si preoccupa per me. Sono stati loro a parlarmi del centro sanitario di Cesvi a Elgula, a dirmi che molte donne si fanno seguire dagli operatori del centro, e che anch’io avrei potuto farlo se avessi voluto. Ogni volta chiedono la mia opinione sulla qualità del servizio: prendo molto sul serio queste domande perché attraverso le mie osservazioni posso migliorare le esperienze degli altri pazienti.

Non sono più terrorizzata pensando al momento in cui il bambino verrà al mondo, e non temo più di morire prima di vedere il suo sorriso, come succede troppo spesso in Somalia. Sto bene, sono più energica, non ho febbre, dolori addominali o emorragie vaginali, non sono più svenuta. Un proverbio somalo dice: “Quando sei sano, puoi aiutare gli altri a essere più sani”. E così faccio, perché ora posso seguire meglio i miei figli: ho portato anche loro dai dottori del centro sanitario di Cesvi, che li hanno curati da infezioni intestinali e respiratorie.

Sono fortunata, perché essere sane e incinte è un’accoppiata che si vede poche volte nel mio villaggio. Essere più forte nel corpo e nello spirito mi permette di fare piani per il mio futuro: ho buone capacità imprenditoriali, voglio ampliare il mio negozio e diversificare il mio commercio. Il ruolo di Cesvi nella mia vita va ben oltre il suo intervento sanitario, mi ha permesso di tornare a sperare nel futuro“.