John: trovare la forza per sopravvivere

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“Mi chiamo John Mbizvo, sono un ragazzo di 16 anni. Vengo da un piccolo villaggio in provincia di Masvingo, una città che dista circa 300 km da Harare, la capitale dello Zimbabwe.  I miei genitori sono morti quando ero ancora in fasce e da allora ho sempre vissuto con il mio fratellastro, che mi picchiava spesso, fino a quando la mia nonna paterna, nonostante fosse molto povera, mi ha preso con sé per proteggermi dalla sua violenza. Vedova e senza molti mezzi, la nonna non poteva pagarmi la retta della scuola, così passavo le mie giornate senza fare niente. Era brutto non avere nulla da fare, così ho deciso di scappare di casa per cercare fortuna altrove. Sono arrivato fino ad Harare, la città più grande del Paese, dove pensavo avrei trovato di meglio per sopravvivere.

Ad Harare dormivo alla stazione degli autobus e mendicavo a una pompa di benzina. Un giorno alcuni bambini conosciuti in strada mi portarono alla Casa del Sorriso di Cesvi. Da quella prima volta, ho cercato di andarci ogni volta che potevo, perché lì avevo la possibilità di mangiare un pasto caldo e di farmi una doccia che lavasse via la sporcizia della vita in strada.

Un giorno, all’improvviso, io e altri cinque ragazzi ci ammalammo gravemente fino a perdere la coscienza. Non so cosa causò la malattia, forse del cibo contaminato da qualche strana sostanza: quando eravamo affamati e a corto di denaro, ci nutrivamo con gli avanzi di cibo trovati nei cassonetti della spazzatura.

Ci risvegliammo 7 giorni dopo all’ospedale di Parirenyatwa e con orrore constatammo che non riuscivamo a muovere la parte inferiore del nostro corpo. Anche le braccia erano indebolite: facevamo una fatica tremenda ad alzare anche solo un bicchiere d’acqua. Recuperammo le forze nelle braccia nel giro di qualche giorno, ma le gambe non si muovevano più.

Il momento in cui ho avuto più paura è stato quando il dottore ci ha detto saremmo stati dimessi, perché all’ospedale non c’era nient’altro che potessero fare per noi. Non sapevo come avrei potuto cavarmela da solo.

I servizi sociali individuarono un centro riabilitativo in cui sarei potuto rimanere per qualche tempo, ma restava da risolvere il problema di come sostenerne le spese. Per fortuna alcuni nostri amici avvertirono lo staff della Casa del Sorriso, che ci fornì assistenza finanziaria e logistica. Nel frattempo, un’organizzazione partner di Cesvi si era messa in moto per rintracciare la mia famiglia.

Il 16 Novembre 2018 è una giornata che ricorderò per sempre, perché è stato il giorno in cui ho riabbracciato la mia nonna e ho fatto ritorno a casa. La situazione non è cambiata molto da quando me ne sono andato: mia nonna è sempre povera e affaticata, però mi vuole bene, si prende cura di me e, grazie alla vendita dei manghi che crescono in giardino, fa in modo che io abbia sempre da mangiare. Ho ricevuto una sedia a rotelle con cui mi posso muovere e i vicini di casa mi danno un passaggio quando devo andare in ospedale per le visite. Le mie gambe sono ancora ferme, immobili, ma io sono grato per essere sopravvissuto e aver fatto ritorno a casa”.

La Casa del Sorriso e i suoi partner si stanno mobilitando per poter fornire aiuto a John, che necessita di cure specialistiche e interventi di fisioterapia. Aiutaci a garantire un futuro a John e ad altri bambini come lui: dona ora per la Casa del Sorriso di Harare.

 

Foto di copertina: Roger Lo Guarro