Il buon management del non profit

La crisi economica ha mandato definitivamente in soffitta la teoria della massimizzazione del profitto. L’obiettivo delle imprese è la continuità. E per operare nel lungo periodo le organizzazioni (profit o non profit che siano) devono fare i conti con la sostenibilità sociale e ambientale.

È il senso dell’introduzione del professor Michele Andreaus dell’Università di Trento al seminario del centro studi Euricse, il 25 gennaio 2013. Euricse nasce dall’esperienza delle cooperative trentine che, prime in Italia, fondono la tradizione cattolica (Confcooperative) con quella di sinistra (Legacoop). Obiettivo del convegno, confrontare questa grande esperienza di cooperazione (oggetto di interesse a livello internazionale) con gli orientamenti degli studiosi di management di tutto il mondo.

Un giudizio molto lusinghiero il prof. Andreaus lo riserva all’esperienza del Cesvi, che viene presentato come un caso di studio.

Per il prof. Antonino Vaccaro della Business School IESE di Barcellona le multinazionali sono passate dal disinteresse, quando non dal pregiudizio per il non profit, alla collaborazione, fino allo shock dello scoprire che i valori del non profit motivano le risorse umane più del denaro!

Per Tommaso Ramus – che presenta una ricerca sul management delle cooperative – la legittimazione sociale delle organizzazioni – profit o non profit – ne migliora anche le performance economiche.

La relazione della professoressa Erika Costa sul tema dell’accountability: anche nella rendicontazione, l’incontro fra i modelli aziendali e non profit fa nascere nuovi indicatori che non soffrono della miopia indotta dagli aspetti economici che, da soli, portano a trascurare la visione e molti stakeholder.

Da parte mia ho presentato alcuni aspetti salienti dell’esperienza Cesvi in cui abbiamo fatto nostre discipline di management, adattandole alle nostre finalità:

1) La laicità e il pragmatismo del Cesvi ci hanno portato ad assumere un modello tipico aziendale di “organizzazione per obiettivi”: con il varo nel 2000 del documento di “missione” si rafforza l’etica dell’organizzazione e negli anni cresce l’efficacia del nostro operato.

2) Anche l’adozione di modelli di governance basati sulla trasparenza e sul dualismo mette l’organizzazione al riparo dai conflitti d’interesse, sviluppa la partecipazione e favorisce il ricambio al vertice.

3) Dalla certificazione del bilancio nel 1990, l’adozione dei migliori modelli di rendicontazione fanno del Cesvi una delle non profit italiane più trasparenti e reputate a livello internazionale e fanno vincere al Cesvi per ben due volte l’Oscar di Bilancio.

4) Le discipline aziendali di relazioni pubbliche e marketing fanno del Cesvi una delle organizzazioni più attente ai temi etici e artefice delle maggiori innovazioni: dalla “pubblicità positiva” con Canale 5 nel 1992 al primo prestito obbligazionario etico con Banca Popolare di Bergamo nel 1998, al lancio in Italia dell’SMS solidale con Vodafone nel 2002, a un grande progetto internazionale basato sul coinvolgimento dei dipendenti Media World e Saturn durato dal 2004 al 2012.

Da Trento vengono una maggiore consapevolezza per il buon management e un incoraggiamento a proseguire.

Nella foto: Il primo spot Cesvi, “Le Culture degli altri”, è del 1992.