Il dono come relazione

 Il dono è relazione.

Mentre scrivo, alla radio si discute sul perché gli europei si sentano più infelici degli americani, animati invece dall’ottimismo. Si osserva come la crisi colpisca indistintamente le economie più ricche, ma i popoli percepiscano in modo diverso la medesima situazione a seconda del loro stato d’animo.

Gli economisti liberisti riconoscono che per far girare l’economia serve uno stock di fiducia, un patrimonio invisibile: il capitale sociale. Perciò, come ridare ottimismo, speranza e fiducia alla nostra società esausta? Con le relazioni di dono.

Le regole dell’economia non bastano a spiegare su cosa si reggano le famiglie, la scuola e le comunità quando funzionano; è la logica del dono a tenerle in piedi.

Cinque anni fa, l’Enciclica papale “Caritas in veritate” ha decretato la fine della contrapposizione fra sfera economia e sfera sociale. Non solo le due sfere possono incontrarsi, ma l’economia dev’essere etica (cioè sostenibile per la società e per il pianeta) come il sociale a sua volta dev’essere economicamente sostenibile. Quindi il mercato non è solo scambio: dev’essere anche dono. Il dono non è elemosina, ma relazione, reciprocità, contaminazione, cooperazione, responsabilità, fiducia… forse la parola che meglio di ogni altra esprime il dono è la fraternità illuminista (… Liberté, Égalité, Fraternité), che non è solo solidarietà ed eguaglianza.

Anche nella tradizione ebraica il Tzedakah ha un significato più ampio di carità e fa riferimento alla giustizia: l’attenzione non è posta né sul donatore, né su colui che riceve. Entrambi i soggetti ne beneficiano e si fondono.

Padre Anthony de Mello ci ha consegnato questo racconto dalla saggezza popolare indiana: Un agricoltore, il cui grano vinceva sempre il primo premio alla fiera regionale, aveva l’abitudine di dividere i semi migliori con tutti i contadini del vicinato. Quando gli chiesero perché, egli rispose: “In realtà lo faccio per interesse. Il vento solleva il polline e lo trasporta da un campo all’altro. Perciò se i miei vicini  coltivassero un grano di qualità inferiore, l’impollinazione incrociata impoverirebbe la qualità del mio raccolto. Ecco perché ci tengo che essi piantino  solo i semi migliori”.

Tutto ciò che diamo agli altri lo diamo a noi stessi.

Nell’esperienza del Cesvi, vent’anni fa sul nostro house-organ pubblicammo “Tendere la mano per trovare l’equilibrio” con i risultati di un’indagine in cui si evidenziava un apparente paradosso: come il volontariato organizzato servisse proprio a superare il pessimismo con cui i volontari guardavano il mondo… Indipendentemente da dove nascesse, la scelta di donare lavoro volontario mirava sempre al proprio equilibrio personale.

Oggi è assodato che donare fa bene a chi lo fa e che il benessere lo si raggiunge solo collettivamente.

IL DONO COMUNITARIO

Come in altre forme di dono – si pensi alla donazione del sangue che va a favore di qualunque membro della comunità e non a qualcuno in particolare – anche nella pratica del Cesvi il dono non è di prossimità, ma diretto a “stranieri” e diventa un’esperienza comunitaria. Una comunità fra sconosciuti che condividono valori, visione e missione, in modo trasversale ai territori e alle classi e soprattutto a ogni appartenenza religiosa o politica. Una sofisticata “accountability” (trasparenza+relazione) fa partecipare i donatori alla relazione con i destinatari: attraverso l’organizzazione ogni singolo donatore conosce i beneficiari del progetto che ha sostenuto, il contesto in cui agisce, i suoi progressi, i suoi risultati e l’impatto sulla vita delle persone. I valori della responsabilità e della “sostenibilità” sono talmente forti nella comunità dei sostenitori del Cesvi che – nelle ricerche – si manifestano come stili di vita condivisi.

IL DONO DELLA CONOSCENZA

Il dono è volontariato, donazione di organi, di sangue, di beni e servizi, di denaro ecc. ma nell’esperienza del Cesvi c’è un dono che sta diventando sempre più potente: il dono della conoscenza. Non intendo le consulenze di ogni tipo che l’organizzazione riceve gratuitamente oppure le competenze e professionalità altissime e motivatissime che sul mercato potrebbero ricevere ben altre retribuzioni. Mi riferisco proprio alla diffusione delle conoscenze locali e globali che è alla base dei progetti più innovativi ed efficaci di sviluppo e gestione delle risorse naturali.

La conoscenza è inesauribile e chi la dona non se ne priva, anzi ne accresce il valore attraverso la sua diffusione. Un processo virtuoso che arricchisce chi dona e chi riceve.