Zimbabwe: dalla parte dei rinoceronti

 

di Loris Palentini, rappresentante Cesvi in Zimbabwe

Avete mai avuto l’impressione di vivere in un sogno dal quale stentate a risvegliarvi? Il mio inizia con un’immagine che non potrei abbinare ad altro se non a un documentario di “National Geographic”.

Immagini di animali in fuga per la savana spaventati dal rumore si susseguono mentre, protendendomi dall’abitacolo di un elicottero, non faccio che scattare fotografie che rimangono talmente nitide nella mia mente da non avere bisogno di riguardarle una volta a terra. Voliamo a poche decine di metri da terra alla ricerca di rinoceronti da catalogare e, in ultima analisi, proteggere.

Pensavo dentro di me che il fenomeno tanto macabro quanto noto del bracconaggio fosse storia del passato e invece mi devo ricredere sentendo parlare di cifre e statistiche. Lo Zimbabwe, dopo aver toccato il minimo storico nel 2003, ha visto un crescente aumento del fenomeno per arrivare a cifre da capogiro nel 2009. Ci racconta Natasha, australiana d’origine venuta in Zimbabwe 18 anni fa come volontaria e mai più ripartita, che il corno di rinoceronte può valere, sul mercato vietnamita, dai 30 ai 60 mila dollari al chilo. Sembra una cifra assurda per un afrodisiaco naturale valorizzato da pura leggenda ma, quando scopro che un corno di rinoceronte adulto può pesare ben oltre 7 kg, mi rendo immediatamente conto che non c’è progetto che possa contrastare una forza commerciale di tale entità. Centinaia di migliaia di dollari potranno mai valere la vita di uno degli ultimi rinoceronti sulla terra? E così Natasha s’è unita al team di Raoul, leader e fondatore di Lowveld Rhino Trust, un’organizzazione zimbabwana che lotta per la conservazione dei rinoceronti, dedicando la vita alla tutela di questa specie meravigliosa.

Arriviamo al campo di prima mattina per ritrovarci circondati da strani individui in tenuta da aviatore. Una scena da “La mia Africa”, con un piccolo aereo già pronto sulla pista, un elicottero in attesa di decollare, piloti e rangers con l’adrenalina già alle stelle e noi tanto sgomenti quanto stregati. I cercatori sono partiti all’alba per individuare gli esemplari da controllare e al campo tutti sono in attesa di un loro segnale per “alzarsi in volo”. Al primo contatto radio a scattare è Raoul, è già sulla pista di terra battuta pronto al decollo e non scenderà a terra col suo piper fino all’imbrunire. Il loro lavoro è così! I cercatori, usciti all’alba, avvisano via radio dell’avvistamento, il piccolo piper sorvola la zona per confermare l’avvistamento e comunica le coordinate all’elicottero che rimane in attesa. A bordo Chap, un giovane veterinario, prepara un fucile ad aria compressa con compresse anestetiche. Una volta confermata l’identità dell’animale, attraverso uno stravagante sistema di marcatura delle orecchie, Chap gli sparerà dalla porta aperta dell’elicottero. Tramite la posizione di piccoli tagli ai bordi delle orecchie è possibile marcare inconfondibilmente fino a 1.000 animali.

Addormentato l’animale, il veterinario provvederà ai prelievi di sangue, al controllo di eventuali parassiti e all’applicazione di un transponder GPS che ne permetterà l’identificazione dall’aereo. Nel caso invece di un esemplare non ancora “marcato”, provvederà anche alla marcatura delle orecchie rimanendo in attesa da Natasha di un codice ancora disponibile.

È nel mezzo di questa operazione che ci siamo imbattuti in due nuovi amici. I loro nomi sono Chiyamwahirheve e Khombo e sono due meravigliosi rinoceronti bianchi di 5 e 6 anni, rispettivamente maschio e femmina. Sono due di sei cuccioli di rinoceronte che Cesvi, tramite Lowveld Rhino Trust, ha introdotto in questa riserva. Sono giovani, un rinoceronte può infatti vivere fino a 50 anni, ma già in età riproduttiva e, ci spiega Natasha, il ritrovarli insieme fa pensare che siano una coppia e che Khombo possa essere incinta.

Non erano i “beneficiari” di questo volo e neppure ci aspettavamo questo felice incontro… vederli fuggire in coppia ha reso per noi l’evento ancora più magico. E così, quasi per magia, i loro fantasiosi e stravaganti nomi si sono materializzati ai nostri occhi rendendoci improvvisamente fieri di essere parte di qualcosa che sta permettendo a questo mitologico animale di sopravvivere.

Tanto c’è ancora da fare perché questo avvenga. Lo stesso Raoul, al mattino prima di decollare, ci spiega come solo alcuni giorni prima alcuni bracconieri siano stati identificati al margine della riserva e prontamente scacciati con un intervento congiunto da terra e dal cielo. Ma ci spiega pure quanto questo sia stato un evento fortuito per la concomitanza dell’operazione veterinaria: in una situazione normale, la presenza dei bracconieri sarebbe potuta passare inosservata o anche solo non essere fermata in tempo.

La giornata non è stata molto fruttuosa, finora abbiamo avvistato i nostri due amici Chiyamwahirheve e Khombo, ma nessuno dei black rhino che la missione sta cercando per completare i controlli di routine. Stiamo girando in tondo prima di tornare al campo quando John, il pilota nonché proprietario dell’elicottero che ogni anno dona il suo veicolo e il suo tempo alla conservazione dei rinoceronti, avvista una femmina adulta con un cucciolo di circa 16 mesi. La mamma ha la consueta marcatura alle orecchie che John prontamente identifica, decodifica e comunica via radio a Natasha. È Three, questo è il nome della mamma, femmina di 19 anni registrata col codice 6003 – per questo three – e non più vista per lo meno negli ultimi due anni. Dopo un periodo di non-avvistamento di oltre due anni gli esemplari, che i miei compagni tra loro chiamano per nome come parlassero di amici al pub, vengono considerati scomparsi – il che spesso si traduce con “uccisi” o nella migliore delle ipotesi “non più residenti nella riserva”. E invece la sorpresa è che Three è solo incinta, nascosta per proteggere il suo piccolo, ora sufficientemente grande per potersi difendere.

Il piper rimane a monitorare la mamma e cucciolo mentre John ci riporta velocemente a terra, dove Chap ha già preparato il necessario per marcare il nuovo membro della famiglia. Natasha attende con ansia le foto scattate dall’elicottero per confermare l’identità e, senza neppure rallentare i rotori l’elicottero, riparte verso il nuovo membro della famiglia: 6173. È una femmina e per ora ha solo un nuovo codice: il nome spetta infatti ai ranger, ai “cercatori” che lavorano sul terreno, che non hanno il nostro privilegio di sorvolare la savana per gli avvistamenti dall’alto, ma conoscono ognuno dei 284 Black Rhino della riserva come fossero i loro parenti più stretti. Li battezzano ognuno come fosse un loro figlio, con un nome che permetterà loro di riconoscerli e di continuare la quotidiana battaglia per salvare questa specie che, altrimenti, si estinguerebbe.

Arriva il tramonto ed è tempo di rientrare, non è più sicuro continuare. Se qualcosa dovesse “andare storto”, non ci sarebbe tempo sufficiente per completare l’operazione prima del buio e metteremmo a rischio quegli stessi animali che cerchiamo di aiutare. John ci offre un ultimo volo sulla savana al tramonto per rientrare al campo e così, senza parole e con un velo di commozione negli occhi, incrociamo una mandria di bufali e un branco di giraffe, volando incontro all’orizzonte. Stanchi, emozionati e con una consapevolezza unica: essere dalla parte giusta!