“La mia storia la firmo io!”: Darlington

Darlington. Foto di Loris Palentini.

Cesvi partecipa alla 2edizione del Festival dei Diritti Umani. Nell’ambito della manifestazione vogliamo raccontare il nostro impegno per la salvaguardia di un diritto fondamentale, ancora troppo spesso calpestato o ignorato: la libertà d’espressione.
Dopo anni passati a vivere per strada, i ragazzi ospiti della nostra Casa del Sorriso in Zimbabwe stanno coraggiosamente lottando per riappropriarsi del diritto a raccontare sé stessi in prima persona, senza più paure. Grazie alla partecipazione a un laboratorio di giornalismo seguito dall’associazione locale Keepers Alert, i ragazzi hanno potuto improvvisarsi cronisti e raccogliere le proprie esperienze nel magazine “Keepers”.
Tra le giovani penne che hanno firmato il primo numero, c’è anche Darlington.

Mi chiamo Darlington, sono un ex-bambino di strada. Quasi ogni definizione parte da un’etichetta, e io ho imparato che le etichette ti possono creare e ti possono distruggere. Che lo stigma, l’abuso, il trattamento che le persone ti riservano è basato sulla loro percezione di te. Per questo è importante raccontarsi, scendere un po’ più nel dettaglio per mostrare il tuo vero volto.

Non ho mai conosciuto mia madre. Da piccolo vivevo con mia zia, perché mio padre era spesso in giro per il Paese. Quando avevo 9 anni lui morì, e la vita con mia zia, che già prima non era particolarmente facile, diventò un vero e proprio inferno. Andai allora a vivere alla stazione degli autobus di Masvingo, vendendo marijuana per un paio di ragazzi più grandi di me. Mi feci un amico, con cui decisi di partire per Harare in cerca di una vita migliore.

Fu un’illusione: in strada chiedevamo l’elemosina e rovistavamo tra la spazzatura in cerca di cibo; vivevamo nelle fognature, ci riparavamo con dei pezzi di cartone. Girava la voce che in Sudafrica le cose andassero meglio, che lì i ragazzi della nostra età facessero fortuna. Nel 2003 – avevamo 14 anni – decidemmo di partir alla volta di Johannesburg.

Le voci si rivelarono bugie: la vita nelle strade di Johannesburg era persino peggiore di quella ad Harare. Droghe e alcool erano un facile rifugio. Finimmo in un giro di spaccio, vero spaccio questa volta. Io vendevo cocaina a Hillbrow. Imparai a guidare e a maneggiare una pistola… in quel periodo ho fatto cose davvero orribili, di cui mi vergogno profondamente. Quello che non immaginavo – o a cui forse non volevo pensare –, è che non puoi fare vita criminale e uscirne illeso: un giorno qualcuno sparò a me e al mio amico. Mi risvegliai in ospedale, e il mio amico era morto. Fui rispedito in Zimbabwe dalla polizia.

Nel momento più buio della mia esistenza, conobbi un predicatore che mi parlò delle infinite possibilità oltre al crimine, e di vite più degne di essere vissute. Un po’ alla volta cominciai a vederle e immaginarle anch’io, a sperarci. Oggi ho 27 anni, e mi sono liberato dell’etichetta di delinquente di strada che non vale nulla: ho cercato un sostegno per poter ricominciare, e ho incontrato gli amici della Casa del Sorriso di Cesvi. È anche grazie a loro, oltre che alla mia determinazione, se sono tornato sui banchi di scuola. Ora studio Design Grafico al College Politecnico di Harare, e nel tempo libero faccio volontariato per molte organizzazioni che aiutano i bambini di strada, tra cui il Cesvi. Scrivo storie brevi e canzoni, e sto lavorando alla stesura della mia biografia.

Non ci sono destini che non possano essere compiuti: dobbiamo solo avere la pazienza di aspettarli, e la forza di realizzarli.