Omar non ha più paura

Le violazioni e gli abusi che più comunemente colpiscono i bambini e le donne nei campi sfollati della Somalia sono le violenze domestiche e le punizioni corporali. L’abitudine di assumere la droga “Khat”, molto diffusa tra gli uomini, contribuisce ad aumentare la violenza all’interno delle famiglie.

Omar, 11 anni, è un bambino che vive lontano dalla famiglia. Abita con la zia e il marito di lei, in un’area molto povera della Somalia centro-meridionale, popolata dagli sfollati.

Dal momento che Omar non frequenta la scuola e la sua situazione è considerata vulnerabile, l’operatore locale del Cesvi l’ha selezionato per partecipare ad un programma di supporto psicosociale all’interno del Safe Space Centre creato con il sostegno di ECHO – Ufficio Aiuti Umanitari e Protezione Civile della Commissione Europea.

All’inizio il ragazzino era piuttosto timido e non interagiva con gli altri. Poi, lentamente e grazie all’incoraggiamento dei “case manager” di Cesvi, ha cominciato a giocare in modo più attivo e a parlare di più.

Un giorno Omar ha confidato a Mohamud, il manager locale di Cesvi, di non voler più tornare a casa perché lo zio lo picchia regolarmente.

Preoccupato da queste dichiarazioni, lo staff di Cesvi si è recato a casa di Omar per avere un confronto con la zia e lì ha scoperto che anche la donna era stata vittima di episodi molto seri di violenza da parte del marito.

In base a quanto riportato dalla donna, il marito ha una forte forma di dipendenza dal “Khat” ed è solito tornare a casa di notte, tardi, con un atteggiamento aggressivo nei confronti suoi e del bambino.

La case manager del Cesvi che aveva fatto visita alla famiglia di Omar ha condiviso queste informazioni con un collega, richiedendo il suo intervento. Quest’ultimo è andato ad incontrare lo zio per stabilire con lui un rapporto di fiducia, parlare dei problemi della moglie e del bambino e indagare le ragioni di questi comportamenti.

Quando si interagisce con la comunità, non sempre è utile fare riferimento ai diritti umani o alle leggi internazionali sulla protezione: piuttosto, è molto più efficace tenere in considerazione il ruolo delle tradizioni, della cultura e della religione sulla società somala.

Questo è stato il caso dello zio di Omar, che è riuscito a riconoscere il problema e a cambiare il suo comportamento, grazie ai consigli dell’operatore di Cesvi, facendo riferimento alla cultura islamica e agli insegnamenti del Corano.

Attraverso un dialogo regolare e visite di follow up, si è costruito un percorso multiplo finalizzato a garantire il benessere di Omar e della zia e a monitorare il comportamento dello zio: in questo modo lo staff di Cesvi ha ottenuto un cambiamento positivo.

Lo zio di Omar non ha abbandonato l’uso della droga, ma l’ha ridotto in modo consistente e non ha più manifestato comportamenti aggressivi.

Grazie al supporto emozionale e al counselling, la zia di Omar ha guadagnato molta fiducia in se stessa e un maggiore potere all’interno della famiglia.

Omar, lentamente, è riuscito a guardare con occhi diversi il suo contesto familiare, come uno spazio sicuro dove i parenti si prendono cura di lui e non lo picchiano più. Come parte del programma psicosociale di protezione, ora è nella lista di attesa per ricevere un kit scolastico e cominciare il prima possibile a frequentare la scuola.

 

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