Reportage di Vanity Fair per Cesvi: il futuro è un parco

Tratto da Vanity Fair – foto di Andrea Frazzetta

“Va bene, andiamo a vedere. Però se sei una strega non puoi venire. E non puoi nemmeno chiamare i serpenti per nome, devi usare altre parole». La zona dove stiamo camminando, oltre che dai serpenti, è frequentatissima dagli sciamani, i sangoma vestiti di sacco (sono i saggi spirituali, quelli più simili ai medici, gli erboristi magici invece si chiamano inyanga) che accorrono in certe notti, a certe condizioni, per cerimonie segrete di cui, in quel modo tutto africano dolce ma granitico di eludere le domande indiscrete, le signore del villaggio di Baleni non vogliono farci sapere di più”.

Inizia così il reportage di Vanity Fair firmato dalla giornalista Laura Fiengo, che è andata alla scoperta dei progetti del Cesvi nel Parco Transfrontaliero del Grande Limpopo insieme al fotografo Andrea Frazzetta.

Qui, al confine tra Sudafrica, Mozambico e Zimbabwe, Cesvi qui opera fin dal 1998 in un super-progetto della Cooperazione Italiana (la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri supporta nel mondo la sostenibilità ambientale, i progetti degli ecosistemi globali) realizzato sul campo con la IUCN – International Union for Conservation of Nature.

Alla base del progetto italiano – spiega Laura Fiengo nel suo bellissimo reportage – “vi è una delicata azione di dialogo e mediazione tra le autorità e le comunità locali, per le quali il parco non è una risorsa ambientale ma solo la terra dove sono nati, dalla quale si sentono cacciati per fare spazio ai leoni e ai loro fan: e che vogliono riavere sulla base del Land Claim, la legge di restituzione delle terre confiscate dall’apartheid voluta da Mandela nel 1996 a riparazione dei torti subiti. L’idea oggi è convincere chi vive qui che un animale vivo può essere redditizio come quello che uccidi per mangiare. Che aprire o gestire un lodge può essere meglio che sfondare la staccionata per andare a raccogliere i preziosi mopane, i bruchi che si raccolgono sugli alberi, una ghiottoneria che si mangia stufata”.

Del resto l’eredità di Nelson Mandela, in questa parte di Africa, è ovunque. Anche nei canti con cui le donne di Baleni accompagnano la loro danza shangana al suono dei tamburi. Il testo è un ringraziamento a Mandela, ed è tutt’altro che metaforico: “Grazie Madiba, la tua azione ci ha dato l’acqua in casa e l’elettricità”.

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