Guerra e fame in Sud Sudan

 

di Vincenzo Maranghino, rappresentante Cesvi in Sud Sudan

Contea di Aweil North, Northern Bahr el Ghazal, Sud Sudan. Terra di alluvioni e siccità, di shock climatici e sociopolitici, al confine con il Sudan di cui faceva parte fino al 2011, prima del referendum e della conseguente indipendenza. Un confine da sempre instabile tra gli attacchi perpetrati dal governo di Khartoum e i flussi di sfollati che ritornavano nel Sud Sudan dopo anni trascorsi nei campi profughi del Darfur.

Terra nel cuore dell’Africa, terra martoriata dalle guerre degli uomini e da quelle della natura. Terra affamata.

Qui Cesvi sta realizzando un programma di sicurezza alimentare finanziato da ECHO-Ufficio Aiuti Umanitari della Commissione Europea in collaborazione con Welthungerhilfe, Ong tedesca partner nel consorzio Alliance2015. Un programma che punta a migliorare le condizioni alimentari e nutritive delle famiglie più vulnerabili, inclusi gli sfollati e i rifugiati rientrati dal Darfur in Sud Sudan a partire dal 2011. È necessario lavorare sulla sicurezza alimentare perché in questo angolo d’Africa, come nel più classico immaginario collettivo occidentale, molte donne, uomini e bambini soffrono e muoiono a causa della fame.

Nei periodi più critici dell’anno il cibo scarseggia, con un picco negativo nella stagione secca e per tutta la durata della stagione delle piogge, quando le scorte dell’ultimo raccolto sono ormai terminate e si spera nel successivo. Le famiglie più disagiate sono costrette a razionare le pochissime scorte di cibo disponibili, fino ad arrivare al totale digiuno in alcuni giorni. Niente colazione, niente pranzo, niente cena.

“Qual è la cosa più difficile?”, chiediamo ad alcuni nostri beneficiari. “È terribile ascoltare il pianto dei bambini che non sentono ragioni, che hanno fame e basta”, ci rispondono. È altrettanto difficile per noi vedere gli anziani che, di fronte ai lamenti dei bambini, si sentono impotenti e frustrati nella loro dignità. E così ognuno cerca di racimolare un pugno di farina di sorgo o di mais da qualche vicino generoso o di comprarla al mercato, spendendo gli ultimi spiccioli guadagnati con la vendita della legna raccolta nella boscaglia o del carbone, oppure portando al pascolo il bestiame di chi lo possiede.

Nei periodi di magra, il prezzo della farina aumenta vertiginosamente perché molti commercianti rimettono in circolazione le scorte alimentari (conservate quando la disponibilità è maggiore e il prezzo più basso) speculando poi sul prezzo e sulla fame delle persone. Allora se si è fortunati e si riesce ad ottenere un pugno di farina, la si impasta, la si cuoce e la si dà ai bambini. Non per nutrirli, ma per calmare almeno i morsi della fame.

Gli adulti vanno in cerca di bacche, di foglie e di radici commestibili (o al limite del commestibile): tutti prodotti che, oltre ad essere amari, hanno valori nutritivi  scarsissimi. Per questo vengono tenuti a lungo in acqua e poi bolliti, impastati e mangiati. Chiamarlo cibo è un eufemismo… è solo un modo per beffare la fame, sviarla, lenire i morsi allo stomaco.

Con il suo progetto, Cesvi cerca di affrontare questa drammatica emergenza alimentare. Alla base vi è un principio semplice: denaro in cambio di lavoro (cash for work). Un lavoro di utilità sociale per proteggere i villaggi e i campi dalle alluvioni attraverso la costruzione di argini, canali di drenaggio, strutture interrate per la raccolta dell’acqua da utilizzare per irrigare gli orti durante la stagione secca. Con la supervisione tecnica e puntuale di ECHO, lo staff Cesvi ha integrato le proprie attività con quelle dei colleghi di Welthungerhilfe, che hanno distribuito semi e attrezzi agricoli,  formando le comunità sulla realizzazione di orti, sulla conservazione del suolo e sui principi di base per l’alimentazione equilibrata dei bambini.

Nel frattempo la guerra civile è esplosa in Sud Sudan. Il Northern Bahr el Ghazal, seppure non  ancora coinvolto direttamente nel conflitto, è comunque colpito dall’emergenza. Molti uomini partono volontari per combattere. Le difficoltà di trasporto delle merci, i mercati distrutti in diverse aree del Paese e la fuga dei commercianti rendono ancora più scarso il cibo e ne fanno schizzare il prezzo alle stelle. E la stagione delle piogge, solitamente devastante in questa zona, sta per arrivare. Secondo la FAO diversi indicatori, soprattutto legati alla guerra in corso, fanno prevedere la possibilità di una nuova carestia nel Paese (l’ultima è avvenuta tra il 1996 e il 1998).

Il Sud Sudan, lo Stato più giovane al mondo, sembra tornato all’anno zero. Gli sforzi per gettare le basi di uno sviluppo sostenibile si stanno sgretolando sotto gli occhi del mondo. Noi siamo in prima linea, e non vogliamo arrenderci.