Indice Globale della Fame 2018: in 51 Paesi ancora fame e malnutrizione

Risultati Indice Globale della Fame 2018. Credit Welthungerhilfe/Stefanie Glinski 2018

L’Indice Globale della Fame (GHI) 2018 mostra che in 51 Paesi del mondo i livelli di fame e malnutrizione mondiale sono molto preoccupanti.

A livello globale la fame resta ancora un grave problema. Secondo il GHI 2018, dei 79 Paesi che presentano un livello di fame moderato, grave, allarmante ed estremamente allarmante, solo 29 raggiungeranno l’Obiettivo Fame Zero fissato dalle Nazioni Unite entro il 2030.

Globalmente circa 124 milioni di persone soffrono di fame acuta, mentre 151 milioni di bambini sono affetti da arresto della crescita e 51 milioni da deperimento.

Le regioni del mondo più colpite sono l’Asia meridionale e l’Africa a Sud del Sahara. In queste due aree si registrano i più alti tassi di denutrizione della popolazione, arresto di crescita, deperimento e mortalità infantile.

I progressi dal 2000

All’interno di un quadro complessivamente preoccupante, il GHI 2018 evidenzia comunque che la fame e la malnutrizione sono diminuite dal 2000, a indicare un miglioramento concreto nella vita di milioni di donne, uomini e bambini.

Alcuni Paesi, tra cui Angola, Etiopia e Ruanda, che nel 2000 avevano fatto registrare livelli di fame estremamente allarmanti, vedono oggi una riduzione dei loro punteggi di almeno il 50%.

Inoltre, 27 Paesi in Asia meridionale e Africa subsahariana sono riusciti a raggiungere un livello di fame moderato: tra questi, si segnalano Gabon, Ghana, Mauritius, Senegal, Sudafrica e Sri Lanka.

Ancora lontani dall’Obiettivo Fame Zero: le raccomandazioni

“Il mondo ha compiuto progressi sostanziali nella lotta alla fame, ma a una velocità ancora non sufficiente per raggiungere l’Obiettivo Fame Zero entro il 2030. L’Indice Globale della Fame contiene un messaggio chiaro” afferma Daniela Bernacchi, Amministratore Delegato e Direttore Generale Cesvi.

“È necessaria l’azione congiunta di vari attori, quali la comunità internazionale, i governi nazionali e la società civile, per affrontare le crisi alimentari nelle aree del mondo dove la situazione è ancora allarmante. Ma rispondere all’emergenza non basta: occorre aumentare gli investimenti e promuovere programmi di sviluppo a lungo termine nelle regioni più critiche. La fame è un pericolo persistente che minaccia la vita di milioni di persone, molte delle quali vivono il dramma degli sfollamenti forzati.”

Fame e migrazione forzata: il focus dell’edizione 2018

Sono infatti 68,5 milioni le persone in tutto il mondo costrette ad abbandonare la propria casa, tra cui 40 milioni di sfollati interni, 25,4 milioni di rifugiati e 3,1 milioni di richiedenti asilo (UNHCR). Il numero degli sfollati forzati è in aumento e la fame è spesso sia causa che conseguenza dello sfollamento: migrazione forzata e fame sono due problemi strettamente correlati che colpiscono le regioni più povere del mondo e segnate da conflitti.

Il GHI 2018 definisce quattro linee guida per affrontare gli effetti del nesso fame – migrazione forzata:

1) Sostenere politiche tese a evitare i conflitti e a costruire la pace a tutti i livelli, oltre a politiche che rafforzino l’affidabilità e trasparenza dei governi in quanto la fame spesso è un effetto della loro incapacità di far fronte a disastri naturali;

2) La maggior parte dei flussi migratori forzati si protrae per molti anni, persino per generazioni. Serve rispondere all’emergenza con azioni umanitarie a lungo termine di contrasto all’insicurezza alimentare, promuovendo anche lo sviluppo delle comunità locali che ospitano gli sfollati;

3) Se possibile, è opportuno assistere le persone costrette a migrare e vittime di insicurezza alimentare nei Paesi di origine, perché queste tendono a raggiungere i Paesi limitrofi, anch’essi poveri e bisognosi di supporto;

4) Gli sfollati non perdono mai del tutto la loro capacità di agire e di resi­stere. Quindi è importante rafforzare tale resilienza, sostenere i mercati locali e rafforzare i sistemi di sostentamento, rendendo così le persone più autosufficienti e indipendenti.

Paesi senza dati: preoccupazione per la Somalia

Infine, per 13 Paesi non è stato possibile raccogliere dati completi per calcolare il punteggio di GHI a causa di conflitti violenti o disordini politici. Sette di questi sono fonte di grande preoccupazione per la situazione legata a fame e malnutrizione: primo tra tutti la Somalia, dove sei persone su dieci soffrono di denutrizione e il tasso di mortalità infantile è pari al 13,3%, tra i più alti del continente africano.

“Occorre puntare sulla resilienza delle comunità locali attraverso interventi mirati – prosegue Bernacchi – Cesvi porta avanti questo impegno da oltre trent’anni: siamo attivi in oltre 20 Paesi e nei contesti più critici, dove la fame mette a rischio la vita di milioni di persone, come in Somalia, Paese flagellato da una delle peggiori carestie degli ultimi decenni. Nel 1991, anno del collasso dello Stato, in Somalia ci sono stati più di 1,5 milioni di sfollati interni, mentre un altro milione di persone vive oggi come rifugiato nella regione del Corno d’Africa. Il GHI 2018 mostra che la lotta alla fame globale è un impegno comune e una sfida sempre più urgente e complessa”.

Scarica l’Indice Globale della Fame 2018, disponibile anche in versione Summary.

 

Foto di copertina: Welthungerhilfe/Stefanie Glinski 2018